venerdì 22 ottobre 2021

Una mela 18 punti. Un risotto alla milanese 27 punti.

Per iniziare questa mia storia vera, anzi verissima, devo fare una precisazione.

Nella dieta a punti ogni tipo di cibo è classificato tenendo conto degli zuccheri, solo di quelli e quindi non delle calorie .La frutta infatti, possiede scarsissime calorie ma un punteggio elevato di zuccheri. Ad esempio tre fichi contengono 31 grammi di zuccheri equivalenti a 141 calorie,e sono proprio di questi che dobbiamo farne uno scarso consumo tenendo anche presente che pane, pasta e riso contengono amidi che poi si trasformano in zuccheri. I punti giornalieri che si possono accumulare in un giorno se si vuole dimagrire, sono dai 40 ai 60.

Proemio.

Era l'ottobre del 69. A giugno avevo finito le superiori e quindi mi ero iscritta a lettere all'Università di Verona. A lettere eravamo quasi tutte donne, donne a dir la verità sul timido andante. Erano altri tempi e quasi tutti avevamo avuto dei genitori abbastanza severi con noi( mia mamma vecchia bavosa maestra scommetto lo fosse più di tutti) che ci avevano tenuto tanto in casa, e poi custodite in un collegio.

Quindi per noi, andare via dalla pia dimora per vivere indipendenti in un appartamentino autonomo, significava poter fare una vita libera e magari anche un po' libertina. Una cosa fuori di testa! Nessuno che ti controllava quando uscivi quando rientravi chi frequentavi, eccetera .Certo eravamo delle brave studentesse, frequentavamo regolarmente le lezioni e studiavamo anche. Durante il giorno. Ma la sera la sera no! era tutto un susseguirsi di aperitivi, cene. cenette spaghetti a mezzanotte. Se poi aggiungevamo che girando da una casa all'altra come ospiti, cosa si poteva portare per sdebitarsi? un bel plateau di pastine di Perlini, la più buona pasticceria di via Cappello o di dolcetti fatti in casa. Dai una sera, dai un'altra ci scofanavamo giù bignè cannoli ciambelline di frutta, babà a manetta e così: su la pancia, su i fianchi, su le cosce, su il culo! Eravamo diventate tutte delle belle pollastrelle all'ingrasso. Proprio tutte no, perché c'erano anche le fortunate con il metabolismo accelerato:queste invece di mettere su ciccia, dimagrivano.

E così, come ho detto poc'anzi, in aprile raggiungemmo il peso forma, forma nel senso di forma di formaggio. Tutte veneri del Botero, quando proprio l'estate incalzava. Da qui la sacrosanta decisione: dovevamo buttarci assolutamente su una dieta che ci aiutasse a permetterci di indossare i nostri vecchi costumini da bagno. E miracolo!

Scoprimmo la Dieta Punti uscita proprio due mesi prima sulla rivista Grazia. Da lì il nostro giuramento di Pontida “magre adesso o mai più!" Avevamo esattamente 56 giorni per metterci in riga. Porco can! Ce l'avremmo fatta. Eccome se ce l'avremmo fatta! E quindi incomincio' la nostra santa, benedetta, immacolata vita di sacrifici. Allora riflettemmo bene. In zona Università c'era una vecchia trattoria “ da Scalin”, solitamente frequentata da studenti e il padrone era il signor Giuseppe, tipo grassotello, lunghi baffi neri alla tirolese, e svelto come una lepre. Quello sarebbe stato proprio il nostro posto ideale per i nostri pranzi : tre salette con un arredo di poche pretese, tavoli lunghi e stretti dove tu ti potevi sedere anche in compagnia di gente che non conoscevi e prezzi onesti.

Un giorno qualunque, sabato e domenica esclusi:

Flavia (la sottoscritta, di Riva del Garda, cinque anni di collegio alle spalle, un po' imbranata, molto socievole, studiosa -se non ero giusta con gli esami mia madre mi avrebbe tagliato i viveri-): "signor Giuseppe per me pasta al pomodoro -12 punti- un' insalata mista - 3 punti- 1 mela" - 18 punti- totale 33 punti. Giovanna (sosia di Patty Pravo, se la tirava infatti un bel po', modenese quindi esuberante, poco applicata -ci ha impiegato 8 anni o giù di lì per finire): "Giuseppe, per me invece pasta al ragù -15 punti- e una pera”- 25 punti- totale 40 punti. Marinella (di Brescia, magra, tipo la Longa dei Malavoglia, col complesso di non averla ancor data via, studio altalenante, sempre con un litro di profumo alla violetta addosso, grande fumatrice, un po' stordita ): “Io invece signor Giuseppe vorrei un risotto alla milanese -27 punti- due albicocche" -10 punti- totale 37 punti. Marina( pure lei modenese, belloccia, con le lentiggini, soprannominata “ gattamorta sciupa famiglie”, un bel po' svalvolata, studio abbastanza assiduo): "Io invece un piatto di turtelèn -23 punti- una pesca" -10 punti- totale 33 punti. Nadia (di Arco se la tirava pure lei. Spendacciona su vestire -accappatoi di seta- e chi se li sognava? Profumo fisso di Dior, Diorella se ben ricordo, regolare negli esami. E si é pure maritata bene. Si è sposata un nipote dei Singer, quelli di Milano delle macchine da cucire, e adesso trascorre la maggior parte del tempo su uno yacht attraccato al Club Adriaco di Trieste): "io vorrei scaloppine -8 punti- patate lesse -21 punti- una banana- 10 punti" -totale 39 punti. Berica (di Valdagno nasino all'insù, riccastra, Fulvia cupè bianca targa VI153201 con modi di fare molto bon ton, abbastanza applicata): "per me una cotoletta alla milanese-15 punti-,patate al forno -13 punti- e una mela"-18 punti-totale 46 punti.

Carla (di Trento, mia compagna di appartamento, sportiva, riccastra pure lei, per niente assidua nello studio. Invece di venire a lezione si portava giù gli stivali da cavallo e andava quasi tutti i giorni a montare a Illasi; mi faceva molto incazzare quando portava a casa ad asciugare la coperta del cavallo,  occupando tutto il bagno). Beh Carla era spesso assente, assente ingiustificata e quindi niente ordini al signor Giuseppe.

Ma la sera. La sera andava di pollo lesso,- zero punti- o di un pescetto lesso- o di un piattino di bresaola- zero punti- .Tutte Insomma cercavamo di stare dentro i famosi 60 punti. Certo che con questa specie di pseudo cena l'appetito veniva scemando e io diventavo pian piano un pollo lesso (io avrei preferito a dir la verità diventare un pesce lesso che mi piaceva di più, ma le nostre cucine non conoscevano proprio l'esistenza delle cappe aspiranti).

Certo che prima di mettere in bocca qualcosa facevano subito due conti. Cappuccino al bar Sanpaolo? La tazzina di caffè con latte più zucchero erano ben 8 punti e se per caso ci aggiungevi una squallidissima -si fa per dire- brioche, i punti sarebbero saliti a 38, praticamente il quasi totale consumo giornaliero. Una tragedia erano anche gli aperitivi. Si andava tutti in compagnia al Caffè Impero di Piazza Dante. Noi donne puntavamo sul Campari -6 punti- o sul Martini -8 punti-( i crodini non c'erano ancora ) con il companatico di patatine -4 punti-, noccioline -15 punti- e pistacchi -12 punti-. E deleterio era anche andare a mangiare la pizza. La nostra pizzeria preferita era La Costa -sempre in Piazza Dante-. Tutte le pizze indistintamente partivano dai 28 punti in su. La napoletana 28 punti, la quattro stagioni 32, la quattro formaggi 33, una birretta 2 punti, una coca-cola 25 punti.

E qualche volta, la sera, poteva anche capitare che venissero a rimorchiarci i tre bellocci di economia, ossia Gege, Aurelio e Gigi Libico (suo padre era un petroliere della Libia e lui girava con una Zagato gialla, che teneva scoperta anche in pieno inverno.), tutti e tre con molte conquiste amorose ma esami zero, per portarci alla Bottega del Vino dove si potevano assaggiare salami speciali e formaggi di montagna. Dai, coi salami e prosciutti i punti erano pochi, ma quando si arrivava i formaggi stagionati ti beccavi una bella stangata !15 punti solo per 50 g di vezzena e 30 per 50 g di pecorino. Per non parlare di quando si arrancava sotto un sole di 30 gradi per raggiungere la gelateria Cordioli vicino a Piazza Erbe, un piccolo cono di gelato alla frutta 15 punti, se invece lo prendevi con le creme 20 punti.

L'avete capito no? Noi, per niente sgarruppate, possedevamo un sano trucco: in un giorno cercavamo di contenerci dentro i 40 punti.

Perciò è chiaro che siamo dimagrite. Infatti arrivate ai primi di giugno salimmo sulla bilancia: io avevo perso 9 kg, in pratica avevo raggiunto il peso di quando ero arrivata a Verona e le mie amiche di merende idem, ad eccezione della Marina che era cresciuta di 3 kg (e ti credo: stazionava tutta la notte davanti al frigorifero ). Era scesa di 6 kg anche la Marinella, che per diventare magra aveva raddoppiato l'uso delle sigarette -convinzione di cui era una forte paladina e per questo aveva tentato di spingerci tutte al fumo- quando arrivava nelle nostre case ci affumicava tutte... la odiavamo...E la Berica non era ingrassata neanche di 1 grammo : era rimasta il solito “ciuìn”.

Ancora mille grazie dietapunti malandrina!



Nb: Dopo 50 anni io mi incontro ancora sempre con la Carla ( che adesso ha il trip dei cani. Alleva dei border collie ,a cui tenta invano di insegnarli a raggruppare le pecore di un gregge, e per l'occasione si è fatta arrivare dall'Irlanda 11 pecore...) e con la Berica(con cui condivido tutti i viaggi).

Che sono anche adesso dei fuscelli.

(beh anch'io mi difendo bene...se è per quello!)


domenica 20 giugno 2021

Ti passo a perdere fra poco

 - Ti passo a perdere fra poco.

- A perdere? 


- Sì, vengo da te e ci perdiamo insieme dove ti pare.

- E se poi ci trovano?


- Ma noi ci perdiamo bene.

- Devo portare qualcosa?


- Si, quella curiosità disordinata e bella che ti rende sfacciatamente vera. La voglia di soffiare via le nuvole dal tuo cielo che da un po’ di tempo è scuro. La forza di far scivolare via la tristezza che ti ostini a tenere per mano. Gli abbracci li porto io per quando avremo freddo. 

- Ho paura.


- Ed è per questo che ogni tanto è necessario perdersi, in nuove persone, in altri luoghi, dentro nuovi viaggi. Perchè la vita passi e non ci trovi lì, fermi, ad aspettarla. Per ricominciare bisogna perdere la strada del ritorno. Per diventare persone nuove bisogna rischiare. Rompersi e rinascere. Prendere coraggio e fare quella ‘cosa’ che ci terrorizza, quella cosa che non avremmo fatto mai. Fare il primo passo per capire che siamo noi a doverci spostare da dove non riusciamo più ad essere, senza attendere che qualcosa per miracolo succeda. 

- Passa a perdermi, ti aspetto.


(Andrea Zorretta)


Ps. Questo brano è stato scritto dallo scrittore A.Zorretta, il quale mi ha permesso di pubblicarlo.

 È immenso.


venerdì 26 febbraio 2021

Bagni Romani Oradini a Torbole

La Ditta Oradini Ettore (n. nel 1885) fu Giuseppe (n. nel 1824) ,registrata come Segheria,andava piuttosto bene. Era stata fatta sorgere proprio nel posto più adatto di Molina di Ledro: sulle sponde del piccolo torrente Ponale, emissario del lago, cosicché l’energia prodotta dall’acqua faceva girare le pale per segare il legno. I tronchi degli alberi , tagliati nei boschi di Tione, arrivavano su carri trainati dai buoi, attraversando la Valle di Storo e quindi costeggiando il lago d’Ampola giungendo fino a Molina.

A scegliere le piante da tagliare andava proprio il signor Giuseppe insieme al figlio. 

C’era però proprio un grosso problema. Il legame tagliato ad assi, faceva molta fatica ad asciugarsi,visto che si sa che in Val di Ledro piove spesso.

Ettore aveva sposato la torbolana Anna Romani, e per la famiglia era stata costruita una grande villa signorile sulla strada di Bezzecca-ancora adesso i cancelli verdi che recintano il giardino portano le sigle di EO.-, e qui nell’11 era nato il primogenito Bruno.

Nel 12 Giuseppe moriva,quindi dalla parte del figlio Ettore la grande decisione : trasportare la Ditta,almeno come deposito,a Riva e precisamente in Viale Cannella 12.

Lì, accanto al magazzino ci abitarono anche per un pò di tempo, dato che confinante c’era una villetta a 2 piani e loro occuparono quello sopra. E gli affari erano addirittura aumentati. Perchè il legname adesso poteva essere caricato sui vagoni della Ferrovia Riva-Mori e poi trasferito su quella nazionale.

Ma arrivarono i venti di guerra. E la zona era molto pericolosa. La valle di Ledro, Riva e Torbole erano siti sugli estremi confini autroungarici. I tedeschi,qui in zona, avevano già cominciato a costruire i fortini sul Tombio, sul Brione e sulla Ponale. E così pensarono di far sfollare gli abitanti di queste zone, perché senza dubbio irredentisti filoitalici ..(,già nel 1914 avevano chiamato alle armi gli uomini di età compresa dai 18 ai 49 anni,e infatti i trentini richiamati furono circa 80.000,ma circa 700 trentini scelsero di arruolarsi nell’ Esercito Italiano come volontari e che furono riuniti nella Legione Trentina, tra questi anche Ettore Oradini, che attraversando la montagna arrivò a Salò).

Nella notte del 19 maggio 1915, ci fu una retata, e portarono via i componenti di una trentina di famiglie., tra questi anche la signora Anna assieme al piccolo Bruno di 4 anni.

Destinazione Campo di Internamento di Katzenau, un paesino austriaco alla periferia di Linz. Dopo esser stati”ospitati” per 5 giorni nella Rocca di Riva, furono caricati sul treno e spediti alla meta.

Il Campo di Katzenau (letteralmente ‘ la brughiera dei gatti ‘) era composto da una sessantina di baracche, ognuna contenente un centinaio di persone-. Gli internati furono almeno 3000, provenienti oltre che dal Trentino Alto adige anche dal Friuli,Veneto e Dalmazia, perfino dalla Romania.

Esteso 400 mt in lunghezza e 300 mt in larghezza, era chiamato anche “il paese di legno”, perché le baracche erano appunto costruite in legno,appoggiate su un terreno sottile e arido che ad ogni passo si alzava polveroso e soffocante e che alle prime piogge si trasformava in uno strato di fango alto mezzo metro; all‘interno,all’inizio, né letti né coperte. Il cibo era scarso e inadeguato:1 tazza di caffè cattivo al mattino,una mezza gavetta di riso o orzo a pranzo,minestra alla sera.

E il fatto che non ci fossero zone d’ombra, il calore faceva morire soprattutto bambini (i più avevano meno di 1 anno) e vecchi.-perì infatti il 20% dei deportati-.

L’internamento finì con il decreto di amnistia emanato il 2 luglio del 17 dall’imperatore Carlo I°.

Così tornarono a casa a Riva, anche la signora Annina e Bruno che si portò dietro la tazzina bianca bordata di roselline con la quale , a Katzenau, si metteva in fila per ricevere il latte. E qui aspettarono il ritorno dalla guerra del tenente Ettore Oradini , che infatti avvenne nel novembre del 18.

Nel dicembre del 19, nacque Delia,la secondogenita. E visto che la famiglia si era allargata,nel 1921, decisero di comperare la villa sita all’angolo tra Viale Cannella e Viale Roma, villa a 2 piani con un grande giardino intorno, a cui diedero il nome di Villa Nina.

Il lavoro della segheria procedeva bene come sempre, e adesso era il figlio Bruno che andava in Val Rendena a scegliere personalmente gli alberi da tagliare.

Eravamo verso gli anni 30, e sull’Alto Garda cominciavano a venire i turisti, soprattutto tedeschi. Ma Riva non possedeva zone balneari, perché tutto il fronte lago Riva Torbole era sbarrato dai muretti delle proprietà private, che confinavano appunto direttamente col lago. Sulla zona di Torbole invece la situazione era diversa. Il terreno del paese confinava sì col lago, ma le spiaggette-erano libere. Poteva entrare in acqua chiunque ne avesse voglia. Solo l’Hotel Lago di Garda, già nel lontano 1896 aveva creato per i suoi clienti, una zona privata , attrezzata con ben 40 cabine, verso la zona della Sega, terreno di proprietà del signor Giuseppe Nones.

Così gli abitanti del paese cominciarono a reclamare l'accesso ai bagni anche per sé stessi, e la cosa fu possibile quando nel 1929 l' Hotel Lago di Garda fu acquistato dalla famiglia Gianfilippi, che mettendosi d ‘accordo col Comune permise che i suoi bagni diventassero pubblici.

Ovviamente l'ingresso era a pagamento, e per l’esauste finanze del comune questa era un’entrata importante….

E allora il signor Ettore pensò una cosa.

Si era diffusa la notizia che il Comune di Torbole stava vendendo i terreni sul lago, in zona La Val, a un prezzo molto accessibile e allora decise di acquistarne uno, non molto vasto, in zona Conca d'oro. Magari sulla sua pertinenza potevano essere costruite delle palafitte con annesse delle cabine in modo da renderlo uno stabilimento balneare. E così fece. Era il marzo del 1931.

Nel 1929 era stato costruito il primo tratto-Torbole Malcesine- della gardesana orientale,e a confine col lago c’era un muro alto quasi 2 metri. Appoggiate a esso vi eresse una trentina di gabine in muratura,e davanti delle palafitte di legno, lunghe un centinaio di metri- che oltrepassavano e si appoggiavano sul Sasso dei Bimbi-e con una larghezza che si protendeva verso il lago di almeno 20 metri.

L’inaugurazione ufficiale dei bagni Oradini avvenne nel maggio del 31e la loro gestione fu affidata a sua moglie Anna, affiancata da 2 persone quali Attilio e Paolina Fava. La frequentazione incominciò subito e la clientela, visto il costo del biglietto di ingresso, era anche molto selezionata. Arrivava gente da Trento, da Rovereto, e anche un bel po’ di turisti stranieri.

E su una poltrona di vimini, giù verso la prima cabina,sotto un salice,veniva a sedersi la signora Annina, che tutti chiamavano Nina. E a lei piaceva molto conversare con i clienti,soprattutto con quelli tedeschi, perché lei conosceva bene quella lingua e le piaceva farne sfoggio.

Se la ricordano tutti: vestita con gonne lunghe di lino bianco, un cappello a tese larghe in testa, bianco pure quello,e appoggiato alla sedia un bastone con il pomolo d'argento.-al collo spesso un cannocchiale.-

Lei abitava a Riva,ma andava ai bagni della conca d’oro-denominati ormai solo La Conca-quasi tutti giorni. I primi anni, trasportata da una carrozza tirata da un cavallo che la portava fino alla Piazza degli Alpini. Lì si univa a un’amica e insieme andavano a mangiare all’albergo Giardino. dopodichè,lei proseguiva a piedi fino ai suoi bagni.

(Col passare del tempo, la carrozza fu sostituita dal taxi e quindi dalla corriera di linea,la Valpantena)

L’attività andava bene dunque.

Ma…ma il 1° giugno del 40 arrivarono i venti di guerra : Mussolini annunciava l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’alleato nazista, trovandosi come impavidi nemici gli inglesi a fianco degli americani. Infatti gli alleati, il 9 luglio del 43 sbarcarono in Sicilia.....

...e si arrivò alla fine di aprile del 44, precisamente il 26, giorno in cui gli alleati entrarono in Verona: era dunque il momento di portarsi sul Garda per chiudere la via di fuga offerta ai tedeschi dalle due gardesane. Su entrambe si misero in marcia partendo da Lazise il soldati dell'85° e 86° Reggimento della 10 divisione fanteria da montagna, soldati statunitensi addestrati apposta sulle Montagne Rocciose del Colorado – in gergo la DDM o “Mountainers” - assistiti dall'impiego di DUKW, autocarri anfibi chiamati famigliarmente anche “Anatre” e naturalmente di carri armati. I militari che avanzavano su quella occidentale giunsero a Gargnano senza trovare alcuna resistenza; riuscirono ad entrare anche nella Villa di Mussolini – che due giorni prima, nella sua fuga verso la Svizzera era stato bloccato e fucilato- e dormire a turno nel suo letto: e poi proseguirono alla volta di Riva.

La resistenza tedesca rimaneva invece tenace sulla Gardesana orientale. Infatti la DDM arrivata a Malcesine venne informata che le quattro gallerie a Nord verso Torbole erano state minate. Decisero allora di aggirare le prime due per via acqua con gli anfibi.

L'operazione andò a buon fine, sbarcarono e risalirono sulla strada riprendendo l'avanzata fino a Tempesta. Riuscirono ad occupare in fretta la Galleria di Calcarolle abbandonata dal nemico restando loro da affrontare solo l'ultima: quella di Corno di Bò .Dentro c'erano una ventina di soldati tedeschi di non più di 16 anni gli ultimi chiamati alla leva da Hitler – venne chiesto loro di arrendersi ma il comandate si rifiutò: morirono tutti tra le fiamme, sotto il tiro di bombe al napalm.

La strada era libera: poterono raggiungere Torbole. Era il primo maggio. Qui nel piccolo golfo sbarcarono tutti gli anfibi, e i primi carri armati cominciarono a procedere, utilizzando la passerella della Peschiera, poco a nord del ponte sul Sarca che era stato distrutto, verso Riva, già sotto il controllo dei partigiani. I tedeschi ebbero una notte di tempo per scappare e gli alberghi di Torbole si riempirono di soldati americani e inglesi a cui non pareva vero di essere capitati in un così bel posto vacanziero.

Ma le “ferie”durarono poco: dopo 3 mesi furono rimpatriati.

Così i primi di settembre lo stabilimento balneare Romani-Oradini, che era rimasto dormiente per 5 anni, si presentò in grande spolvero. Le cabine erano state riverniciate e dato il mordente all 'assito.

Naturalmente i primi ad arrivare furono i bambini : erano rimasti chiusi in casa per tanto tempo, e non gli sembrava vero di poter andare a tuffarsi dal pontile.

I genitori li lasciavano lì anche tutto il giorno-i bagni chiudevano alle 18-perché pericoli non ce n’erano, e il bagnino Simone era sempre presente e attento che non si mettessero nei pasticci.

E a metà maggio dell’anno successivo venne riaperto il piccolo cancello di legno che permetteva l’accesso. Con la signora Nina sempre di vedetta: spesso attorno a lei, andavano a sedersi sull’assito i bambini più piccoli, a cui raccontava qualche storiella.

Ma l’ascoltatrice più fedele era Milena, chiamata la Nena.: non aveva ancora imparato a nuotare bene e preferiva stare fuori dall’acqua,sotto l’ombra del salice a sentire raccontare la signora Nina, che un giorno la mandò a raccogliere un cestino di fiori del glicine che adornava l'entrata e le spiegò la ricetta per fare le frittelle, per l’appunto di glicine, così arrivata a casa la ragazzina si mise subito all’opera per impastare quei dolcetti che risultarono squisiti.

E nel cuore e nella memoria della Nena, nonostante l’età, i ricordi di quei tempi sono ancora molto

nitidi.

I bambini del paese in estate si inventavano i passatempi più fantasiosi. Come andare a raccattare tutti i cerchietti delle bibite che trovavano e poi con essi formare i loro nomi,a grandi caratteri, facendo pressione con le mani sull’asfalto reso molle dal calore del sole. Ma quei tappi però dovevano essere tolti entro le 18, perché la corriera della Valpantena, che passava a quell’ora, li avrebbe schiacciati in modo tale da non riuscire più a estrarli e loro dovevano riutilizzarli il giorno dopo. Giocavano anche a spesso a nascondino, proprio all’interno dei bagni,ma la Nena e sua sorella avevano un nascondiglio speciale: attraversavano la strada e e andavano a rintanarsi tra i ruderi della casa del pittore Hans Lietzmann, ubicata proprio sopra il curvone. E lì chi sarebbe mai andato a cercarle ? dicevano tutti che in quel posto si aggirasse ancora lo spirito del tedesco.

Oppure capitava che qualche sera andassero a ballare sulla strada deserta sotto i muretti dell'Hotel Paradiso,dove il signor Carlo Torboli,molto noto allora per aver “creato” il vino santo, aveva messo su-per gente di un certo tenore chiaramente-una sala da ballo,la cui musica si diffondeva fino al lago.


Era il 46 e in tanti si ricordano ancora di Amedeo e Antonietta Paroldo. I due bambini abitavano a Riva ma nelle vacanze estive la famiglia si trasferiva in quel di Torbole, nella villetta sotto la roccia. I due fratelli venivano portati ai bagni il mattino e ritirati la sera. Amedeo aveva il vizio di rimanere in acqua o meglio sott’acqua, per ore e ore e solo il bagnino Simone riusciva a tirarlo fuori dopo aver sbraitato come un fuorditesta. Ma non è che Amedeo ci andasse tutti i giorni al bagno. Perchè il suo passatempo preferito. quando sua madre Flora non lo vedeva, era andare a trafficare nel bunker dietro casa,abbandonato dai tedeschi. Dentro c’era ancora un vero arsenale di armi , e lui si divertiva a far finta di sparare (o sparava sul serio’?!) . Mano a mano che avanzava la stagione,i bagni si riempivano di stranieri e la signora Nina sempre a far sfoggio del suo tedesco ! Anzi ! aveva anche insegnato alla Nena qualche parola in tedesco. Wie ist das Wasser ? Come è l’ acqua ? Es regnet morghen, Domani piove. Ubermorgen kommt die Sonne.. Dopodomani viene il sole..Aufwiedersehen am naechsten Jahr. Arrivederci all'anno prossimo.

Ma il giorno di s. Anna , la signora Nina non era mai presente sul pontile perché il giorno

del suo onomastico le piaceva portare la Nena, sua sorella e altre due bimbette in barca-una barca da pescatore guidata dal vecchio Alfio,- fino a Tempesta. Lì scendevano sulla spiaggetta dove la signora Nina stendeva la sua tovaglia a quadri gialli e tirava fuori dal suo cestone uova sode, polenta fritta,un cartoccio di sgombri, pezzetti di formaggio nostrano , pesche,albicocche e fichi.. E questo anniversario lo festeggiò per tanti anni.

La Nena si ricorda anche di un certo Michele Toblini, che spesso a cavallo della sua bicicletta prendeva la rincorsa e saltava giù nell’acqua,bici che poi ricuperava tirandola su dalla scaletta.

Accadeva anche che nel tardo pomeriggio, un gruppetto di ragazzini – degli scriteriati impavidi, -partendo dallo stabilimento della Sega, raggiungessero a nuoto - 500 metri in linea d’aria,- … i Bagni di Torbole e si arrampicassero su per le assi scorticandosi vivi. Ma poco ci potevano restare perché l’onnipresente Simone arrivava di corsa a cacciarli via ( non avevano pagato il biglietto no ?)

La Nena rammenta anche che qualche volta, verso le 6 di sera, ora in cui faceva meno caldo e lo stabilimento chiudeva, si recava a far visita alla signora Nina, il pittore tedesco Hans Lietzman, artista molto famoso in quel tempo nell'Alto Garda. 

Arrivava a piedi, vestito con giacca e cravatta e panama bianco da piazza Goethe e andava a sedersi su una poltroncina di plastica accanto al tavolino, dove la padrona dei bagni aveva preparato una bottiglia di vino santo Torboli, bello fresco. Lui tirava fuori il suo sigaro biondo, un Virginia, (procuratosi da Arnaldo tabaccaio di Torbole, suo grande amico, che anzi spesso glielo regalava). Insieme poi ritornavano in paese camminando lungo il lago. Lui l'accompagnava fino al bivio per Nago, dove lei doveva prendere la corriera che la portava a Riva, dopo aver comperato il biglietto al bar Zani.

Era il 48 e in quell’estate la signora Nina era un po’ nervosa…era sempre attaccata a quel benedetto cannocchiale a scrutare il lago…Nena, sta passando la barca di Bruno,,con chi è su ? Capelli biondi o mori ? E la Nena: biondi Signora Nina, biondi. E allora lei batteva con stizza il bastone due volte sull'assito. Fu un tormento..:tutti i giorni la stessa domanda. Finchè un giorno la Nena,che ormai aveva compiuto 12 anni,osò timidamente chiederle il perché. E la signora Nina lapidaria : perché Bruno è fidanzato con una mora e adesso sta scorrazzando in giro 'sta biondina, un smorfiosa di 18 anni che viene da La Spezia…

Sbam.

I giochi erano fatti!

(Infatti Bruno si sposerà con questa biondina l’anno dopo e insieme avranno 5 figli.).

Le estati passavano e ci passava anche tanta gente dai Bagni Oradini. Il turismo aveva preso piede, tanti forestieri arrivavano sull’Alto lago anche in pullman, e così gli albergatori cominciarono a convenzionarsi con lo stabilimento: sdraio e cabine comprese nel prezzo.

Lì vicino intanto proseguivano i lavori per ultimare la Galleria Adige-Garda, lavori iniziati già nel 39, ma interrotti per l'avvento della guerra. Ma dopo il sett 43, la galleria fu requisita dai tedeschi. Nella primavera del 44, dentro fu trasferita la produzione della Caproni, che impiegò1300 persone tra operai e impiegati..La Caproni concentrò la produzione delle parti più avanzate delle armi naziste, come il Messerschmitt Me263 e le bombe volanti V1 e il razzoV2 progettato dal Von Braun. Qui fu anche realizzato un avveniristico mini sommergibile a reazione che poteva viaggiare alla velocità di 20 nodi alla profondità di 10 metri.I cantieri per le macchine e gli attrezzi erano sistemati in baracche piazzate sulla strada e arrivava parecchio rumore di là.


Era il 54, e il mio amico Roberto Bonavera, si ricorda ancora di quando suo papà, dott Mario ,con la sua topolino blu, portava lui , sua sorella Adler e sua mamma ai Bagni di Torbole e fu proprio lì che il bagnino Simone gli insegnò a nuotare..aiutandolo con le corde, non ho capito bene.

E la Nena ? Sì c’era sempre la Nena e il suo legame con la signora Annina rimase sempre. Lei adesso frequentava le superiori e i suoi l’avevano “internata”-si fa per dire-nel Collegio delle Suore dell’Inviolata, che era ubicato proprio di fronte a Villa Nina: la domenica, la sua amica,quasi zia, la invitava a pranzo a casa sua : sempre pollo e patate al forno…molto gradito. Ma l’estate del 55, non vide la Signora Annina seduta sulla poltrona sotto il salice. Aveva dei seri disturbi al cuore ed era stata ricoverata in ospedale. Lì, il mattino presto,dopo aver portato i 3 bambini all’asilo seduti 1 davanti, e 2 dietro sul sellino di una vespa, arrivava a trovarla sua nuora Liliana, quella famosa biondina che lei non aveva amato molto ma che adesso adorava-era un’ottima moglie per Bruno,e un ottima madre per i suoi nipoti-

Morì in fretta. Il suo funerale ebbe luogo nella Chiesa di S m Assunta a Riva. C’era tantissima gente ma nell’ultimo banco c’era la Nena, che singhiozzava di nascosto.

….La luce sui bagni Romani-Oradini si spense.

L'anno dopo furono acquistati dai signori Dallagnola di Rovereto che avevano comperato il pezzo di terreno con la pertinenza dei bagni, terreno sopra il quale avrebbero costruito la gloriosa Conca D’Oro.

Ma i pontili di legno cominciavano ad aver bisogno di manutenzione e forse non ne valeva la pena. A Torbole si erano aperte altre spiaggette libere e nello stabilimento la frequentazione non era più numerosa come ai tempi d’oro.

Videro la fine del loro bel viaggio nel settembre del 72, quando la provincia requisì tutte le concessioni demaniali.

Ma il Sasso dei Bimbi è sempre lì immobile , a guardia dei bei tempi passati.