mercoledì 4 dicembre 2013

Quando il tempo cambia.

Quando il tempo cambia.


Si tirò giù dal letto in ritardo come al solito anche se aveva la seconda ora e come al solito lasciò mutande, calzini, camicia sparsi dappertutto, ma per fortuna quello era uno dei due giorni alla settimana in cui arrivava Ida la colf. Salì sulla sua Polo che aveva ormai 10 anni  e che  registrava 190 mila km. Ma con lo stipendio di un professore c'era poco da comprare. Parcheggiò alla bell'e meglio nel piazzale della scuola e si fiondò su per le scale, facendo gli scalini a due a due. Per arrivare al terzo piano c'era l'ascensore.Ma chi lo se lo pigliava quello? Ci aveva provato più volte, ma quando cominciava a salire, chissà perché lo prendeva improvvisamente una paura che gli toglieva il respiro, tanto che l'ultima volta aveva dovuto scendere assolutamente al primo piano e proseguire a piedi. Giunse al corridoio e si piazzò davanti alla porta della quarta B, la sua classe. Diede una sbirciata dentro e vide il solito putiferio. Ragazzi che erano affacciati alla finestra, altri che leggevano la gazzetta, altri attaccati al cellulare. Appena che videro il prof. Boccelli insegnante di economia aziendale, presero posto come razzi ai loro banchi. Fuori stava cambiando il tempo: il cielo era nuvoloso e prometteva pioggia. Brutt'affare. Perché il prof, che era un meteoropatico per eccellenza, sarebbe stato di pessimo umore. E infatti  come prima cosa fece togliere il berretto a un ragazzo e poi all'altro fece togliere gli occhiali da sole. E poi sentenziò "oggi ragazzi facciamo una bella provetta sulle ultime due lezioni". Ci fu il panico in aula. Si alzò Giovanni il capo classe e timidamente disse che non era d'accordo, perché per il tema dovevano essere avvisati prima. Ma il prof Boccelli di tutta risposta: "Chi comanda qui? Io! E allora Giovanni vai all'armadio, prendi i fogli di protocollo e distribuiscili". E lui si portò alla lavagna a scrivere la consegna "I l reddito d' impresa, concetti essenziali..."
Quando gli alunni alla fine dell'ora depositarono i fogli sulla cattedra notò che alcuni erano in bianco. Peggio per loro- pensò- anche se la lui dispiaceva un pò, perchè nonostante la sua burberia, amava molto i suoi ragazzi.  E qui venne il bello. Perché prima di uscire dalla classe doveva scrivere sul tablet -novità assoluta di quell'anno- la lezione svolta e le assenze.Sul primo compito non c'erano problemi, ma sulla seconda andò in panico. Il prof della prima ora si era dimenticato di segnare l'assenza di un ragazzo e adesso come fare? Il tablet era un marchingegno infernale, per lui che odiava la moderna tecnologia. Dunque,la cosa non era molto semplice, perché il programma del tablet non prevedeva l'aggiunta di un'assenza la seconda ora; questa andava scritta alla prima ora, a meno che questo ragazzo non fosse uscito alla fine della prima. Ma non era così. Dunque bisognava  presupporre che il ragazzo in questione fosse arrivato prima della prima ora e poi avesse chiesto di uscire. Era mai possibile? Un vero casino! Così in effetti era giustificata la sua assenza. Ma a questo si aggiungeva anche il fatto che il tablet al terzo piano non riuscisse ad agganciarsi al server, così bisognava fare molti tentativi. Provare ad andare verso la finestra, ma non funzionava, provare ad alzare il tablet verso l'alto -qualche prof saliva addirittura sulla sedia- ma niente da fare... ecco invece dove funzionava perfettamente era sopra il bidone dell'immondizia posizionato sulla scale. E infatti qui, alla fine di ogni ora, convergevano tutti i prof del terzo piano. Maledetta tecnologia!
Se dio volle arrivò anche la sesta ora. Erano esattamente le una e un quarto. Andò in sala prof, prese il suo cappotto e scese le scale. Qui incontro la Righi di diritto, che gli disse, che di quella quarta B lei non ne poteva più. Tutti studiavano poco ed era stufa anche di convocare i loro genitori, perché di venti ne aveva visto solo cinque .E lui replicò che la stessa cosa valeva anche per lui. Uscì nel piazzale e per un attimo pensò di infilarsi in mensa assieme ai colleghi come aveva fatto qualche volta. Ma quella non era proprio la giornata giusta. Odiava quel chiasso, lui preferiva mangiare in un silenzio quasi assoluto. Così si recò in quella pizzeria fuori porta, dove accanto alle pizze, preparavano anche del buon pesce. Oddio non era un granché, ma un branzino alla griglia lo sapevano cucinare decentemente. E poi non è che spendesse una cifra, perché la scuola gli forniva un buono da 12 euro, il resto ce l'avrebbe messo lui. Quel giorno si bevette anche due bicchieri di Lugana.Tanto il pomeriggio non aveva impegni scolastici, anche se gli fosse venuto un po' di mal di testa, non c'era da preoccuparsi. Tornò a casa e si accorse che Ida era passata. La casa era in perfetto ordine e, dulcis in fundo, trovò un biglietto che lo avvisava che in frigorifero c'era un contenitore con dentro delle triglie ai capperi, cucinate da lei. La sua grande passione! E meno male. Perché quella giornata lui era di luna storta e sarebbe finita che per cena si sarebbe trangugiato un bel barattolo di olive nere e caciocavallo -prelibatezze che gli spediva regolarmente sua cugina sposata a un palermitano-. Si buttò sul divano, pronto per fare una bella pennichella. Ma squillò il telefono. Aveva quasi voglia di non rispondere ma poi alzò la cornetta in automatico. E chi era? Flora, la sua morosa di sempre, che lo avvisava che il venerdì sarebbe giunta da lui, su a Riva,  anche se aveva  poca voglia di sciropparsi quattro ore di treno visto che lei abitava a Torino. Come fare a dirle di no? Dirle che proprio quel weekend lui doveva mettere giù i voti del primo quadrimestre e per di più registrarli su quel famigerato attrezzo che era il tablet? Ma erano due mesi che non si vedevano. E così le rispose un po' bugiardamente. "Ti aspetto, cucciolo, ma mi devi promettere che mi darai una mano a gestire quella macchina infernale, tu che sei una tecnologica". 
E  così avvenne.



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