martedì 17 dicembre 2013

La colazione dei canottieri

La colazione dei canottieri.

Era la volta dei formaggi : sul tagliere erano posizionati un eccellente Roquefort, un superbo Camenbert e una piccola formina di Caprice de Deux… quando si sentì bussare violentemente alla porta. Paul pensò subito che fosse qualcuno che stava sbagliando piano o indirizzo, ma visto che quel sciamannato non voleva desistere, si alzò incazzato e andò ad aprire… macché sciamannato, questa era una sciamannata. Entrò di corsa come una furia, si avvicinò al tavolo e cominciò a urlare (.Indovinate contro chi !) “Ehi tu bellimbusto. Altro che riunione degli avvocati del cazzo ! Sei venuto qui a pescare un’altra sgualdrinella. Alza quel culo e seguimi. Ti do due minuti di tempo”. Il marito diventato paonazzo di un colore tendente al viola cardinale, di fronte alla moglie non disse neanche un amen. Si alzò, ricuperò giacca e cilindro e la seguì. La dolce signora uscì sbattendo tacchi e anche la porta.
E dicono che giù per le scale lei prendesse a  pesanti ombrellate il fedifrago marito…

Era un giorno afoso di agosto, ma gli amici Gustavo, Pierre, Paul ed Eugene, non desistettero.: il giro in canoa era stato programmato dalla domenica precedente. Presero i loro remi e ognuno si posizionò  nella propria. E incominciarono a vogare.
Intorno, lungo le rive del fiume, cespugli di lavanda, giaggioli, i cui semi portati dal vento da chissàdove, frinii di grilli e di cicale che con quel caldo cantavano impazzite. Ogni tanto, in qualche insenatura, si poteva scorgere  qualche piccolo di anitra dimenticato dalla madre. E nell’aria un profumo di rose selvatiche…
I quattro compagni continuavano a vogare, ma ad un tratto il giro tranquillo e pacifico, si tramutò in gara: il primo che arrivava sotto il ponte doveva pagare il pranzo agli altri. Pierre era in prima posizione, Gustavo lo superò velocemente, guadagnò terreno anche Paul, che essendo il più forzuto dava dentro nei remi con più vigore. A Eugene invece non piaceva competere, perciò se la prese con calma, anzi lui il fiume lo navigò a zig zag, e quindi altro che ultimo ! Tagliò  il traguardo Paul, che con le sue remate veloci -sembrava Caron demonio dagli occhi di sbragia ! - seminò gli altri due. Tornarono indietro fischiettando e  giunti al Circolo, tirarono fuori dall’acqua le canoe  depositandole sui sassi. Erano sudati marci e avevano  bisogno immediato di bere qualcosa  di fresco. Salirono quindi la scaletta e raggiunsero  il balcone che dava sul fiume. A dir la verità, più che un balcone era una terrazza, posto che fungeva da piccolo ristorante per il Circolo Canottieri per l’appunto. Sotto di essa due piante di glicini, i cui rami si inerpicavano lungo i bastoni che sorreggevano la grande tenda bianca a righe gialle. Furono accolti da un breve battimano…  E scorsero Aline, Ellen, Alphonsine e Angele, sedute a una tavola degnamente imbandita… questa sì che era una sorpresa. ! Si sedettero : Pierre prese subito una bottiglia di vino bianco  e portandola verso l’alto “Brindo alla vittoria dell’amico Paul”-esclamò ridacchiando. E riempì i bicchieri di tutti. Ma  con pronta risposta Ellen: “Grazie bel giovine, ma a dir la verità noi abbiamo più fame che sete”. E si mise a tagliare una baguette  a pezzi, poi ne tagliò un'altra e poi un'altra ancora e distribuì i pezzi di pane agli  amici : passò poi il vassoio del prosciutto, del salame e il piatto del burro salato. I meloni erano ancora intonsi e a questi provvide il buon Gustavo, che li tagliò a spicchi e dopo aver tolto i semi depose due fettine nel piatto di ciascuno.
Le fanciulle erano tutte ben agghindate  nonostante il caldo: gonne lunghe, giacchettine leggere da cui uscivano camicie bianche con colli inamidati e merlettati e sul capo deliziosi cappellini color pastello, che ben risaltavano a confronto di quelli portati dagli uomini: i loro cappelli di paglia assomigliavano a quelli dei  gondolieri di Venezia ! La più sfacciatamente vestita era comunque Ellen, dotata di una scollatura da far voglia anche a un morto! Dicevano che di professione facesse l’attrice, ma chi si era ben informato aveva invece scoperto che faceva la ballerina in un localino di mal affare. Non apparteneva proprio al giro delle amiche qui convenute, ma ogni tanto riusciva ad appiccicarsi a loro. Il suo scopo era lungimirante: lì infatti al Circolo era solito bazzicare anche l’avvocato Barbier, che seppur sposato aveva la fama di libertino e lei doveva assolutamente imbarcarselo. Negli ultimi tempi era a corto di danaro e forse sarebbe riuscita a scucirgli qualche bel franco ! E infatti quel giorno lui era proprio lì, vestito di tutto punto: giacca e cilindro nero.  Dopo qualche esitazione si unì anche lui all’allegra tavolata e si mise a sedere proprio vicino a Ellen. Ci fu un denso parlottio intramezzato da piccole educate risate, quello delle donne, un po’ più sguaiato quello dei maschi.
A un certo punto si alzò in piedi Pierre: ”Signori qui presenti, io vorrei permettermi di brindare anche a qualcosa d’altro …e precisamente a un fidanzamento…” Le ragazze si guardarono in faccia l’una con l’altra… Che scherzo stava combinando quel babbeo ? Però  osservando bene, una sola di loro diventò rossa…”E precisamente  la qui presente Aline diventerà la giovane sposa del nostro Paul …eh lo sapevo che questa era una notizia inedita, ma ho chiesto il premesso per comunicarvelo. Lui non aveva il coraggio “.
Le amiche avrebbero voluto andare ad abbracciare Aline, ma non poterono: Sophie, la cagnolina che lei teneva in braccio cominciò a ringhiare…” Garcòn, portaci una bottiglia di Veuve Clicquot bello fresco. Offro io, dato che sarò uno dei testimoni”. Furono riempiti i bicchieri di tutti e quindi alzandosi di nuovo in piedi, ”Congratulazioni, evviva gli sposi  !“.
“E adesso proporrei una cosa: stasera tutti da Paul per una buon piatto di spaghetti. Fatti all’italiana però!”
Nel tardo pomeriggio a Schatou  cominciò a piovere ,di una pioggerellina fine, tipica dei temporali estivi. La sera  l’allegra comitiva si trovò  sotto il portone; per ultimo si aggiunse a loro anche l’avvocato! Insieme salirono le scale. L’ospite abitava al quarto piano e giunsero in cima col fiatone : gli uomini portavano in mano  una bottiglia di vino ciascuno, anzi no Gustavo portava un pacchettino che emanava uno strano odore, Angele un cestino di uva bianca, Ellen  una sporta di tela con dentro le baguette, Alphonsine un piccolo dolce di mele fatto da lei conservato in una scatola, mentre Aline doveva solo preoccuparsi  di  non far cadere Sophie dal braccio !
Entrarono: tele dappertutto, pennelli e  vasi di colore a terra…un vero casino. Pierre  non poté fare a meno di dire :”Olalà ragazzo, non penso che quando sarete sposati, Aline ti permetterà tutto ‘sto disordine.” Apparecchiarono la tavola, ma quando   misero le sedie si accorsero che ne mancavano due, così andarono a recuperare i due sgabelli che Paul utilizzava per dipingere. Pierre cucinò gli spaghetti  che condì con pomodori crudi e basilico. Ciascuno ne mangiò un piatto abbondante, a parte Ellen che faceva la schifiltosa pensando alla linea. Lei però non si risparmiò sul vino. Doveva pur far modo che anche l’avvocato bevesse…



NB: questa è una,mia libera interpretazione del quadro di Renoir "La colazione dei canottieri".





mercoledì 4 dicembre 2013

Quando il vento soffia.

Quando il vento soffia.


Sbucò dalle coperte che erano le sette. Un po' presto, visto che lei doveva andare a scuola per la seconda ora. Ma era sempre così:  quando apriva gli occhi meglio alzarsi subito. Odiava poltrire nel letto e poi lei a scuola voleva arrivare in anticipo. Per rispetto alla scuola stessa-diceva sempre-.
Salì sulla sua Punto che aveva 20 anni e che registrava sì e no 100.000 km. Parcheggiò nel piazzale al posto n. 15 (e guai se qualcuno osava occuparlo, doveva restare libero anche nel suo giorno libero), e varcò il portone. Per arrivare al terzo piano prese l'ascensore. Anzi no, salì a piedi, perché secondo lei quel "trabiccolo" era una vera trappola per topi. Infatti poteva accadere benissimo che mentre c'era dentro saltasse la luce...e allora ? allora lei sarebbe rimasta chiusa al buio, e nessuno avrebbe sentito le sue grida, ( e anche se le avesse sentite avrebbe fatto finta di non sentirle -sempre secondo lei-).
Transitò in sala professori a depositare il suo pastrano rigorosamente blu, come blu erano le sue scarpe, blu il suo maglione e blu i suoi calzoni.  Aprì l'armadietto e tirò fuori due cose : il suo registro e il suo tablet, anzi non suo, ma  in comodato. Si mise i due oggetti sotto il braccio, cioè infilò il tablet dentro il registro e cominciò a pattinare su per il corridoio. Dalla 2B usciva un chiasso furibondo…si affacciò alla porta...diabolica magia...tutti i fanciulli, anzi tuttissimi, si ammutolirono e presero posto nei loro banchi.
(anzi fecero di meglio ! uno si tolse il berretto e l'altro gli occhiali da sole).
Meglio stare in campana con la Martinelli ! Prof di matematica del corsoB.
Raggiunse quindi la sua classe,  la 3B, e lì,  prima di entrare, attese qualche secondo... come i razzi, tutti i gli alunni raggiunsero le loro postazioni, piazzandosi in piedi  a sinistra del banco. Allora lei si degnò di entrare, e dicendo "seduti" si piazzò alla cattedra.
Fuori stava tirando un vento sciamannato, così sciamannato da far piegare i rami anche del  faggio posizionato davanti alla finestra. .E poi la domenica, cioè il giorno prima, l' Inter aveva perso ignominiosamente giocando con l'ultima sfigata in classifica...E le cose che la Martinelli proprio non riusciva a sopportare, anzi che le facevano girare i coglioni a elica erano due:  il vento e la sconfitta della squadra del cuore. Quel giorno le due variabili si erano accoppiate e allora...cazzi acidi!
Infatti dopo pochi minuti sentenziò: "Oggi ragazzi facciamo una bella provetta sulle ultime due lezioni". In aula ci fu il panico. Giovanni, il capoclasse, provò timidamente a dire che non era giusto,  perché per un tema dovevano essere avvisati prima. Ma la prof. Martinelli, per tutta risposta : "Ah sì ? E chi comanda qui ?  E allora Giovanni vai all'armadio, prendi i fogli di protocollo e distribuiscili". E lei si portò alla lavagna a scrivere la consegna:  "Le progressioni geometriche ".
Quando i ragazzi alla fine dell'ora depositarono i fogli sulla cattedra, notò che alcuni erano in bianco. Peggio per loro-pensò- E qui venne il bello. Perché prima di uscire dalla classe doveva scrivere sul tablet -novità assoluta di quell'anno- la lezione svolta e le assenze. Sul primo compito non c'erano problemi, ma sulla seconda andò in panico. Il prof della prima ora si era dimenticato di segnare l'assenza di un ragazzo e adesso come fare? Il tablet era un marchingegno infernale, per lei che odiava la moderna tecnologia. Dunque, la cosa non era molto semplice, perché il programma del tablet non prevedeva l'aggiunta di un'assenza la seconda ora; questa andava scritta alla prima ora, a meno che questo ragazzo non fosse uscito alla fine della prima. Ma non era così. Dunque bisognava  presupporre che il ragazzo in questione fosse arrivato prima della prima ora e poi avesse chiesto di uscire. Era mai possibile? Un vero casino! Così in effetti era giustificata la sua assenza. Ma a questo si aggiungeva anche il fatto che il tablet al terzo piano non riuscisse ad agganciarsi al server, così bisognava fare molti tentativi. Provare ad andare verso la finestra, ma non funzionava, provare ad alzare il tablet verso l'alto -qualche prof saliva addirittura sulla sedia- ma niente da fare... ecco invece dove funzionava perfettamente :  sopra il bidone dell'immondizia posizionato sulla scale. E infatti qui, alla fine di ogni ora, convergevano tutti i prof del terzo piano. Malandrina tecnologia!
L’ora successiva andò a a fare lezione in 4B, e qui successe la stessa pantomima di prima…andò alla lavagna e scrisse la consegna : “Calcolo delle probabilità. Parlatene”. Poi le toccò la 5B .Ma qui di tema non se ne poteva  parlare proprio,  perché glielo aveva fatto fare la settimana precedente ,e per di più non aveva ancora portato i temi corretti -a dir la verità ne aveva guardato solo la metà e poi si era rifiutata di andare avanti : erano risultati un vero fottutissimo schifezzo – ‘Sti remenghi debosciati non avevano proprio voglia di studiare !
Se Dio volle giunse anche la fine delle lezioni: erano esattamente le tredici e un quarto. Passò dalla sala dei Prof, raccolse il suo pastrano e depositò registro e tablet nel suo armadietto,  anzi no il registro se lo infilò nella borsa, caso mai non le venisse la voglia di “ “aggiustarlo un po’”. Quindi prese le scale e qui incontrò la Zinetti,  insegnante di diritto che le disse che di quella 3B non ne poteva proprio più. I ragazzi non studiavano un cavolo.    Aveva pure convocati i genitori, ma di venti alunni se ne erano presentati alle udienze solo cinque ! La Giacopini  di economia aziendale affondò il dito nella piaga : lei non solo non aveva visto i genitori, ma se per quello nemmeno gli alunni, perché nell’ultima settimana erano andati in marina almeno una decina di mentecatti.
La prof. Martinelli  uscì  quindi sul piazzale, e qui tre colleghe le chiesero se voleva aggiungersi a loro per andare in mensa. “Ma voi siete fuori !”, replicò subito. Perché lei non sarebbe entrata in un mensa neanche morta. E i motivi erano due: primo lei era vegetariana e non aveva nessuna intenzione di ingurgitare brasatini merdosi o cosciette di polli allevati ad antibiotici puri,  secondo, in mensa c’era troppo chiasso e a lei che c’era andata una sola volta,  era sembrato di stare nel terzo girone dell’inferno (quello dei golosi).
Salì sulla suo Punto e prese la strada di casa. Mangiò una bella minestrina e una frittatina di uova e poi pensò di farsi una sana pennichella. Quella giornata di scuola l’aveva stravolta e  i calcoli le uscivano dalle orecchie. Si spatasciò sul divano. Ma dopo dieci minuti suonò il telefono. Cacchio (lei è molto educata !) si era appena addormentata! Non aveva nessuna voglia di rispondere, ma prese su la cornetta in automatico….era la Eldabidella che l'avvisava che i colleghi la stavano aspettando..c'era il dipartimento di matematica....Ma questa è farneticante pensò. E controllò velocissimamente l'agenda: cacchio era proprio vero...lei se l'era dimenticato ! Agguantò il suo pastrano,salì sulla Punto e si avviò di razzo verso quella cacchiuta di scuola ! 
Ehh, dura la vita dei prof  di matematica ! Ma anche di tutti gli altri, se è per quello.


PS:Questa è una prof che esiste veramente .E' stata la mia compagna di banco del liceo per cinque anni. ( a scuola era un geniaccio !). E lei non molla. Insegna ancora.



















Quando il tempo cambia.

Quando il tempo cambia.


Si tirò giù dal letto in ritardo come al solito anche se aveva la seconda ora e come al solito lasciò mutande, calzini, camicia sparsi dappertutto, ma per fortuna quello era uno dei due giorni alla settimana in cui arrivava Ida la colf. Salì sulla sua Polo che aveva ormai 10 anni  e che  registrava 190 mila km. Ma con lo stipendio di un professore c'era poco da comprare. Parcheggiò alla bell'e meglio nel piazzale della scuola e si fiondò su per le scale, facendo gli scalini a due a due. Per arrivare al terzo piano c'era l'ascensore.Ma chi lo se lo pigliava quello? Ci aveva provato più volte, ma quando cominciava a salire, chissà perché lo prendeva improvvisamente una paura che gli toglieva il respiro, tanto che l'ultima volta aveva dovuto scendere assolutamente al primo piano e proseguire a piedi. Giunse al corridoio e si piazzò davanti alla porta della quarta B, la sua classe. Diede una sbirciata dentro e vide il solito putiferio. Ragazzi che erano affacciati alla finestra, altri che leggevano la gazzetta, altri attaccati al cellulare. Appena che videro il prof. Boccelli insegnante di economia aziendale, presero posto come razzi ai loro banchi. Fuori stava cambiando il tempo: il cielo era nuvoloso e prometteva pioggia. Brutt'affare. Perché il prof, che era un meteoropatico per eccellenza, sarebbe stato di pessimo umore. E infatti  come prima cosa fece togliere il berretto a un ragazzo e poi all'altro fece togliere gli occhiali da sole. E poi sentenziò "oggi ragazzi facciamo una bella provetta sulle ultime due lezioni". Ci fu il panico in aula. Si alzò Giovanni il capo classe e timidamente disse che non era d'accordo, perché per il tema dovevano essere avvisati prima. Ma il prof Boccelli di tutta risposta: "Chi comanda qui? Io! E allora Giovanni vai all'armadio, prendi i fogli di protocollo e distribuiscili". E lui si portò alla lavagna a scrivere la consegna "I l reddito d' impresa, concetti essenziali..."
Quando gli alunni alla fine dell'ora depositarono i fogli sulla cattedra notò che alcuni erano in bianco. Peggio per loro- pensò- anche se la lui dispiaceva un pò, perchè nonostante la sua burberia, amava molto i suoi ragazzi.  E qui venne il bello. Perché prima di uscire dalla classe doveva scrivere sul tablet -novità assoluta di quell'anno- la lezione svolta e le assenze.Sul primo compito non c'erano problemi, ma sulla seconda andò in panico. Il prof della prima ora si era dimenticato di segnare l'assenza di un ragazzo e adesso come fare? Il tablet era un marchingegno infernale, per lui che odiava la moderna tecnologia. Dunque,la cosa non era molto semplice, perché il programma del tablet non prevedeva l'aggiunta di un'assenza la seconda ora; questa andava scritta alla prima ora, a meno che questo ragazzo non fosse uscito alla fine della prima. Ma non era così. Dunque bisognava  presupporre che il ragazzo in questione fosse arrivato prima della prima ora e poi avesse chiesto di uscire. Era mai possibile? Un vero casino! Così in effetti era giustificata la sua assenza. Ma a questo si aggiungeva anche il fatto che il tablet al terzo piano non riuscisse ad agganciarsi al server, così bisognava fare molti tentativi. Provare ad andare verso la finestra, ma non funzionava, provare ad alzare il tablet verso l'alto -qualche prof saliva addirittura sulla sedia- ma niente da fare... ecco invece dove funzionava perfettamente era sopra il bidone dell'immondizia posizionato sulla scale. E infatti qui, alla fine di ogni ora, convergevano tutti i prof del terzo piano. Maledetta tecnologia!
Se dio volle arrivò anche la sesta ora. Erano esattamente le una e un quarto. Andò in sala prof, prese il suo cappotto e scese le scale. Qui incontro la Righi di diritto, che gli disse, che di quella quarta B lei non ne poteva più. Tutti studiavano poco ed era stufa anche di convocare i loro genitori, perché di venti ne aveva visto solo cinque .E lui replicò che la stessa cosa valeva anche per lui. Uscì nel piazzale e per un attimo pensò di infilarsi in mensa assieme ai colleghi come aveva fatto qualche volta. Ma quella non era proprio la giornata giusta. Odiava quel chiasso, lui preferiva mangiare in un silenzio quasi assoluto. Così si recò in quella pizzeria fuori porta, dove accanto alle pizze, preparavano anche del buon pesce. Oddio non era un granché, ma un branzino alla griglia lo sapevano cucinare decentemente. E poi non è che spendesse una cifra, perché la scuola gli forniva un buono da 12 euro, il resto ce l'avrebbe messo lui. Quel giorno si bevette anche due bicchieri di Lugana.Tanto il pomeriggio non aveva impegni scolastici, anche se gli fosse venuto un po' di mal di testa, non c'era da preoccuparsi. Tornò a casa e si accorse che Ida era passata. La casa era in perfetto ordine e, dulcis in fundo, trovò un biglietto che lo avvisava che in frigorifero c'era un contenitore con dentro delle triglie ai capperi, cucinate da lei. La sua grande passione! E meno male. Perché quella giornata lui era di luna storta e sarebbe finita che per cena si sarebbe trangugiato un bel barattolo di olive nere e caciocavallo -prelibatezze che gli spediva regolarmente sua cugina sposata a un palermitano-. Si buttò sul divano, pronto per fare una bella pennichella. Ma squillò il telefono. Aveva quasi voglia di non rispondere ma poi alzò la cornetta in automatico. E chi era? Flora, la sua morosa di sempre, che lo avvisava che il venerdì sarebbe giunta da lui, su a Riva,  anche se aveva  poca voglia di sciropparsi quattro ore di treno visto che lei abitava a Torino. Come fare a dirle di no? Dirle che proprio quel weekend lui doveva mettere giù i voti del primo quadrimestre e per di più registrarli su quel famigerato attrezzo che era il tablet? Ma erano due mesi che non si vedevano. E così le rispose un po' bugiardamente. "Ti aspetto, cucciolo, ma mi devi promettere che mi darai una mano a gestire quella macchina infernale, tu che sei una tecnologica". 
E  così avvenne.