mercoledì 5 febbraio 2014

Destinazione Sorrento.



Giungemmo a Sorrento, sotto una pioggia furibonda, davanti all’Hotel Splendid, che erano le sei di sera. Eravamo partiti da scuola all’alba e ci eravamo sciroppati undici ore di viaggio. L’autista cercò ,per farci sbarcare, un po’ di spazio libero davanti all’albergo, ma nisba, il parcheggio era tutto occupato. Allora il pullmann si spostò più avanti di 100 mt. Il conduttore scese, e aprì gli sportelloni dei bagagli. Gli alunni ,e precisamente quelli della  terza B e la terza D, perché solo le terze si potevano permettere la gita di fine anno di quattro giorni, scesero giù come bufali impazziti, e con molta confusione, no, questo zaino è mio, il tuo e’ rosso,...vuoi sbranarti o no a spostare il tuo trolley che sta schiacciando il mio ?...,ehi impedito vuoi muovere o no il culo per beccare la tua sacca, la mia è sotto la tua- finalmente ognuno brancò il proprio fardello e si avvio’ verso l’hotel sotto una pioggia che era diventata ancora più furibonda. Le creature si accalcarono tutte contro il banco della hall. Le camere prenotate per i ragazzi  erano diciotto, e precisamente dieci da due persone e otto da tre. Come si sarebbero combinate ? Putiferio…cominciò il putiferio:…io voglio stare con il Benini e il Berti, io con la Sartori e la Ghezzi, io solo con il Betta,io con il Maroadi e con il Santoni…ma ,tu Santoni non avevi detto che volevi stare con noi?…,perché solo le signorine possono avere camere da due ?   noi invece vorremmo stare in un camera da quattro, perché noi di Tenno vogliamo stare insieme…
Ah sì ? E bravi i nostri ragazzi ! E secondo voi, noi vi faremmo scegliere i compagni di stanza a vostro piacimento ? State freschi ! E subito il Bianchetti, il prof capogita,-insegnante di storia dell'arte- tirò fuori dalla tasca un bel foglione bianco che posizionò sul banco…Ecco-disse-adesso ve la faccio io la formazione delle camere -.Leggerò a voce alta i nomi dei componenti di ogni stanza…voi prendete la chiavi e filate ! Andò tutto più o meno liscio ,nel senso che i ragazzi non si azzardarono a dire baf, ma per le ultime due stanze che toccavano a quattro femmine uscì un problema, anzi “un problemaccio”: nessuno voleva stare con l’Irene perché secondo le altre tre, lei puzzava. Dopo strepiti e perfino pianti-di fronte a ll’Irene basita!- uscì fuori l’ideona: si sarebbe fatto un sorteggio: vennero scritti i quattro nomi su quattro foglietti, e il Bianchetti (sempre lui) pescò : l’Irene sarebbe stata con la Francesca, e poche storie…E così fu.
Prendemmo l’ascensore e raggiungemmo il secondo piano, messo tutto a nostra disposizione, comprese le due camere che davano su un corridoio  a cui si accedeva tramite quattro scalini. Dunque dieci stanze occupate da femmine, otto da maschietti, più le quattro singole di noi insegnanti,( che poi non erano singole bensì doppie usate come tali). Queste erano poste in posizione strategica: ognuna di esse era piazzata ogni cinque stanze : il piccolo esercito  banditesco avrebbe avuto una torretta di controllo nel posto perfetto.
L’appuntamento per la cena era alle otto. Permettemmo che i ragazzi si mettessero ai tavoli con i compagni che desideravano…il problema era sempre l’Irene che si trovò a sedere in un tavolo da sola, ma il Bianchetti (ancora lui)  fece la voce grossa: scelse a caso tre ragazzi e lì piazzò con lei. Il menù della cena era  “il solito delle gite scolastiche”. Delle merdose cotolettazze e vassoi di patatine fritte, belle unte. Quelli sbaffarono tutto compreso il dolce di gelato con sotto la macedonia di fragole.(forse erano finte).
Ore ventuno e trenta: risalita al piano. Raccomandazioni, cioè ordini del Bianchetti : ognuno prenda posto nella sua stanza, e a nessuno, dico nessuno, salti in mente di uscire dalla camera per spostarsi in quella dell’altro .Vi permettiamo di tenere le luci accese fino alle undici e poi dormite, che ne abbiamo tutti bisogno.
Noi insegnanti, prima di entrare nelle nostre camere, posizionammo quattro belle poltroncine comode, ognuna davanti alla propria stanza: ci sarebbero servite più tardi per la ronda...Entrai anch’io, mi docciai, disfeci i bagagli, indossai il pigiama a quadri scozzezi rossi e bianchi (sempre lo stesso in tutte le gite scolastiche) con sopra un golfino,-il tutto in mezzora di tempo come gli altri colleghi--ed uscii fuori sul corridoio. Il primo turno di guardia toccava a me e a Raffaella, la collega di matematica, il secondo a Bianchetti e a Battistoni. Ci eravamo munite, per non annoiarci, anche di qualche rivista. Silenzio di tomba…nessun rumore di parlottii o di risate. Bene-pensammo-il viaggio doveva averli stravolti. Passò mezz’ora, e sempre nessun rumore. La cosa cominciò a insospettirci…i nostri alunni non erano mai stati degli angioletti, anzi…Io mi alzai e mi portai in fondo al corridoio, dove erano situate ,giù per le scale le due famose camere…in effetti lì, qualche rumorino di musica si sentiva…Allora io e Raffa prendemmo la decisione : iniziammo dalla prima stanza. Aprimmo la porta.: dentro i letti c’erano sì, sagome di corpi, ma quando andammo a toccarli ci accorgemmo che altro non erano che dei vestiti messi sotto le lenzuola. Ci prese un colpo...entrammo subito nella seconda: lo scherzo era uguale:  a nanna con c’era nessuno, se non abiti sotto le coperte…entrammo nella terza, nella quarta, nella quinta : la cosa si ripeteva. Andai a bussare questa volt alla porta di Battistoni e gli spiegai il fatto. Ah sì ? Vengo subito io. Senz’altro si saranno rintanati tutti nelle camere di fondo.   Pattinammo su per il corridoio e aprimmo le due porte: in ognuna delle stanze c’erano più di venti alunni: avevano accatastato i letti uno sopra l’altro : uno di essi, aveva messo su la musica del cell, e altri tre,  tenendo acceso il display, facevano riflettere la luce sui muri a mo’ di luci psichiadelica…una gran figa discoteca..  gli altri a turno ballavano.
L’imperativo di Bianchetti-intervenuto anche lui, fui immediato e perentorio: si vestissero tutti, insegnanti compresi .Si andava giù sul porto per vedere una cosa interessante, una cosa magnifica…Ma prof, sta diluviando.  E allora ? prendetevi gli ombrelli.  Ci fu il casino più casino che mai! Nessuno voleva uscire, ma Bianchetti non mollò la presa: dava dieci minuti di tempo per prepararsi !
Anch’io pensai che quella, fosse pura follia, ma ubbidii. Una bella tuta da ginnastica, giacca impermeabile, pollacchino di lacca, speravo impermeabile anche quello, e foulard in testa. Ci ritrovammo tutti nella hall e ci mettemmo in marcia. L’albergo era sito in alto, e per raggiungere il porto, la nostra- cioè quella di Bianchetti- meta, avremmo dovuto zompettare per almeno un’ora, tutto in discesa. Un’impresa demenziale e balorda. Non ho parole per descrivere l’esodo scellerato. Prima scendemmo almeno centocinquanta gradini –più che gradini, era una scalinata-poi ci inoltrammo in una specie di forra, ovviamente non illuminata, con il terreno che era fango puro. Il tutto sotto un’acqua tremebonda e remenga. Io ero sotto l’ombrello di Antonio (cognome Bianchetti) e chiudevamo la fila, cioè il branco. Però la pioggia iniziava a straventare ed io cominciavo ad essere bagnata fradicia. Guardavo la turba di anime che ci precedevano, e a un certo punto mi prese la “ridarola”. Ridendo fino a singhiozzare, dissi al collega che mi sembrava di essere nel terzo girone dell’inferno dove i peccatori erano perennemente flagellati da turbini di tempesta…si mise a ridere anche lui. “Così imparano ‘sti bamba a fare i furbetti ! vedrai che dopo questa sana passeggiata si calmeranno e dormiranno sonni tranquilli!”” Ma come-dissi io-non ci hai fatto uscire per andare a vedere qualcosa di strabiliante ?  Vedrai, vedrai-mi rispose-.
Giunti in fondo alla forra, ci ritrovammo su una spiaggetta che noi dovevamo attraversare per poi raggiungere il molo. Non ho parole per dire quello che accadde. La sabbia si era imbombita d’acqua e noi ci impantanammo tutti fino a sopra le caviglie. I ragazzi cominciavano a diventare iracondi : che cazzo era venuto in mente al Bianchetti ? Riuscimmo infine a guadare la spiaggia per salire infine sopra il molo. Era lungo anche quello…e anch’io non riuscivo a capire dove andavamo a parare...Che ci fosse un monumento particolare giù in fondo ? forse la struttura di un faro ? Raggiungemmo la fine del molo, al chè, il capo branco urlò “Alt, portatevi vicino a me”. Ubbidirono tutti, me compresa. E adesso voglio proprio vedere cosa c’è da vedere-pensai dentro di me., “Bene ragazzi, vi ho condotto sino qui per farvi notare qualcosa di molto ,molto speciale. Abbassate gli sguardi sui grandi massi che sorreggono il molo. Sono di origine lavica. E sapete da dove provengono ? Dal Vesuvio, proprio dal Vesuvio. Ecco questo era quello che volevo farvi vedere.” Io non potevo crederci…cosa ? ci aveva fatto scarpinare e inzupparci d’acqua per vedere quella stronzata?! .Ma Antonio era proprio uno sciroccato, un balengo, un rincoglionito…-pensai dentro di me-e quando un gruppo di alunni gli gridò : Proff, vaffanbrodo…lui non si arrabbiò nemmeno…”E adesso si torna in albergo, avanti ragazzi “
Il ritorno completò l’opera di disfacimento…bagnati fino alle ossa e con gli ombrelli, che per il vento, si ribaltavano, arrivammo all’albergo arrancando. Entrammo nella hall...il guardiano che faceva il turno di notte, pensavo schiattasse lì sul momento...dai nostri vestiti grondava acqua da tutte le parti…davanti al banco si erano formate tante piccole pozzanghere…Pregò i ragazzi di lasciare gli ombrelli-quei pochi rimasti in salute- lì, in entrata, e per favore di togliersi le scarpe onde evitare ruscelli di acqua anche in ascensore. Nessuno osò contrastarlo.
Salimmo al piano ,,,nessuno, ma proprio nessuno, aveva la più pallida voglia di fiatare...tutti a riposo come gli agnellini. Anche perché il giorno dopo, la sveglia era fissata per le sette…e qual’era la meta ? Questa volta non le pietre laviche, bensì il Vesuvio in persona.

Ps: quella di come  far asciugare le scarpe di quegli imbesuiti che si erano portati dietro solo un solo paio di scarpe …è un’altra storia….

Nb: questo racconto è ovviamente…assolutamente vero. Risale all’anno 2009.