Giungemmo a Sorrento, sotto una pioggia furibonda, davanti all’Hotel
Splendid, che erano le sei di sera. Eravamo partiti da scuola all’alba e ci
eravamo sciroppati undici ore di viaggio. L’autista cercò ,per farci sbarcare, un
po’ di spazio libero davanti all’albergo, ma nisba, il parcheggio era tutto
occupato. Allora il pullmann si spostò più avanti di 100 mt. Il conduttore scese,
e aprì gli sportelloni dei bagagli. Gli alunni ,e precisamente quelli della terza B e la terza D, perché solo le terze si
potevano permettere la gita di fine anno di quattro giorni, scesero giù come
bufali impazziti, e con molta confusione, no, questo zaino è mio, il tuo e’
rosso,...vuoi sbranarti o no a spostare il tuo trolley che sta schiacciando il
mio ?...,ehi impedito vuoi muovere o no il culo per beccare la tua sacca, la
mia è sotto la tua- finalmente ognuno brancò il proprio fardello e si avvio’
verso l’hotel sotto una pioggia che era diventata ancora più furibonda. Le
creature si accalcarono tutte contro il banco della hall. Le camere prenotate
per i ragazzi erano diciotto, e
precisamente dieci da due persone e otto da tre. Come si sarebbero combinate ?
Putiferio…cominciò il putiferio:…io voglio stare con il Benini e il Berti, io
con la Sartori e la Ghezzi, io solo con il Betta,io con il Maroadi e con il
Santoni…ma ,tu Santoni non avevi detto che volevi stare con noi?…,perché solo
le signorine possono avere camere da due ? noi invece vorremmo stare in un camera da
quattro, perché noi di Tenno vogliamo stare insieme…
Ah sì ? E bravi i nostri ragazzi ! E secondo voi, noi vi faremmo
scegliere i compagni di stanza a vostro piacimento ? State freschi ! E subito
il Bianchetti, il prof capogita,-insegnante di storia dell'arte- tirò fuori dalla tasca un bel foglione bianco
che posizionò sul banco…Ecco-disse-adesso ve la faccio io la formazione delle
camere -.Leggerò a voce alta i nomi dei componenti di ogni stanza…voi prendete
la chiavi e filate ! Andò tutto più o meno liscio ,nel senso che i ragazzi non
si azzardarono a dire baf, ma per le ultime due stanze che toccavano a quattro
femmine uscì un problema, anzi “un problemaccio”: nessuno voleva stare con
l’Irene perché secondo le altre tre, lei puzzava. Dopo strepiti e perfino
pianti-di fronte a ll’Irene basita!- uscì fuori l’ideona: si sarebbe fatto un
sorteggio: vennero scritti i quattro nomi su quattro foglietti, e il Bianchetti
(sempre lui) pescò : l’Irene sarebbe stata con la Francesca, e poche storie…E
così fu.
Prendemmo l’ascensore e raggiungemmo il secondo piano, messo tutto a
nostra disposizione, comprese le due camere che davano su un corridoio a cui si accedeva tramite quattro scalini. Dunque
dieci stanze occupate da femmine, otto da maschietti, più le quattro singole di
noi insegnanti,( che poi non erano singole bensì doppie usate come tali). Queste
erano poste in posizione strategica: ognuna di esse era piazzata ogni cinque
stanze : il piccolo esercito banditesco avrebbe
avuto una torretta di controllo nel posto perfetto.
L’appuntamento per la cena era alle otto. Permettemmo che i ragazzi si
mettessero ai tavoli con i compagni che desideravano…il problema era sempre l’Irene
che si trovò a sedere in un tavolo da sola, ma il Bianchetti (ancora lui) fece la voce grossa: scelse a caso tre ragazzi
e lì piazzò con lei. Il menù della cena era
“il solito delle gite scolastiche”. Delle merdose cotolettazze e vassoi
di patatine fritte, belle unte. Quelli sbaffarono tutto compreso il dolce di
gelato con sotto la macedonia di fragole.(forse erano finte).
Ore ventuno e trenta: risalita al piano. Raccomandazioni, cioè ordini
del Bianchetti : ognuno prenda posto nella sua stanza, e a nessuno, dico nessuno,
salti in mente di uscire dalla camera per spostarsi in quella dell’altro .Vi
permettiamo di tenere le luci accese fino alle undici e poi dormite, che ne
abbiamo tutti bisogno.
Noi insegnanti, prima di entrare nelle nostre camere, posizionammo
quattro belle poltroncine comode, ognuna davanti alla propria stanza: ci
sarebbero servite più tardi per la ronda...Entrai anch’io, mi docciai, disfeci
i bagagli, indossai il pigiama a quadri scozzezi rossi e bianchi (sempre lo
stesso in tutte le gite scolastiche) con sopra un golfino,-il tutto in mezzora
di tempo come gli altri colleghi--ed uscii fuori sul corridoio. Il primo turno
di guardia toccava a me e a Raffaella, la collega di matematica, il secondo a
Bianchetti e a Battistoni. Ci eravamo munite, per non annoiarci, anche di
qualche rivista. Silenzio di tomba…nessun rumore di parlottii o di risate. Bene-pensammo-il
viaggio doveva averli stravolti. Passò mezz’ora, e sempre nessun rumore. La
cosa cominciò a insospettirci…i nostri alunni non erano mai stati degli
angioletti, anzi…Io mi alzai e mi portai in fondo al corridoio, dove erano
situate ,giù per le scale le due famose camere…in effetti lì, qualche rumorino
di musica si sentiva…Allora io e Raffa prendemmo la decisione : iniziammo dalla
prima stanza. Aprimmo la porta.: dentro i letti c’erano sì, sagome di corpi, ma
quando andammo a toccarli ci accorgemmo che altro non erano che dei vestiti messi
sotto le lenzuola. Ci prese un colpo...entrammo subito nella seconda: lo
scherzo era uguale: a nanna con c’era
nessuno, se non abiti sotto le coperte…entrammo nella terza, nella quarta, nella
quinta : la cosa si ripeteva. Andai a bussare questa volt alla porta di
Battistoni e gli spiegai il fatto. Ah sì ? Vengo subito io. Senz’altro si
saranno rintanati tutti nelle camere di fondo. Pattinammo
su per il corridoio e aprimmo le due porte: in ognuna delle stanze c’erano più
di venti alunni: avevano accatastato i letti uno sopra l’altro : uno di essi, aveva
messo su la musica del cell, e altri tre, tenendo acceso il display, facevano riflettere
la luce sui muri a mo’ di luci psichiadelica…una gran figa discoteca.. gli altri a turno ballavano.
L’imperativo di Bianchetti-intervenuto anche lui, fui immediato e
perentorio: si vestissero tutti, insegnanti compresi .Si andava giù sul porto
per vedere una cosa interessante, una cosa magnifica…Ma prof, sta diluviando. E allora ? prendetevi gli ombrelli. Ci fu il casino più casino che mai! Nessuno
voleva uscire, ma Bianchetti non mollò la presa: dava dieci minuti di tempo per
prepararsi !
Anch’io pensai che quella, fosse pura follia, ma ubbidii. Una bella
tuta da ginnastica, giacca impermeabile, pollacchino di lacca, speravo
impermeabile anche quello, e foulard in testa. Ci ritrovammo tutti nella hall e
ci mettemmo in marcia. L’albergo era sito in alto, e per raggiungere il porto, la
nostra- cioè quella di Bianchetti- meta, avremmo dovuto zompettare per almeno
un’ora, tutto in discesa. Un’impresa demenziale e balorda. Non ho parole per
descrivere l’esodo scellerato. Prima scendemmo almeno centocinquanta gradini
–più che gradini, era una scalinata-poi ci inoltrammo in una specie di forra, ovviamente
non illuminata, con il terreno che era fango puro. Il tutto sotto un’acqua
tremebonda e remenga. Io ero sotto l’ombrello di Antonio (cognome Bianchetti) e
chiudevamo la fila, cioè il branco. Però la pioggia iniziava a straventare ed
io cominciavo ad essere bagnata fradicia. Guardavo la turba di anime che ci
precedevano, e a un certo punto mi prese la “ridarola”. Ridendo fino a
singhiozzare, dissi al collega che mi sembrava di essere nel terzo girone
dell’inferno dove i peccatori erano perennemente flagellati da turbini di
tempesta…si mise a ridere anche lui. “Così imparano ‘sti bamba a fare i furbetti
! vedrai che dopo questa sana passeggiata si calmeranno e dormiranno sonni
tranquilli!”” Ma come-dissi io-non ci hai fatto uscire per andare a vedere
qualcosa di strabiliante ? Vedrai, vedrai-mi
rispose-.
Giunti in fondo alla forra, ci ritrovammo su una spiaggetta che noi
dovevamo attraversare per poi raggiungere il molo. Non ho parole per dire
quello che accadde. La sabbia si era imbombita d’acqua e noi ci impantanammo
tutti fino a sopra le caviglie. I ragazzi cominciavano a diventare iracondi :
che cazzo era venuto in mente al Bianchetti ? Riuscimmo infine a guadare la
spiaggia per salire infine sopra il molo. Era lungo anche quello…e anch’io non
riuscivo a capire dove andavamo a parare...Che ci fosse un monumento
particolare giù in fondo ? forse la struttura di un faro ? Raggiungemmo la fine
del molo, al chè, il capo branco urlò “Alt, portatevi vicino a me”. Ubbidirono
tutti, me compresa. E adesso voglio proprio vedere cosa c’è da vedere-pensai
dentro di me., “Bene ragazzi, vi ho condotto sino qui per farvi notare qualcosa
di molto ,molto speciale. Abbassate gli sguardi sui grandi massi che sorreggono
il molo. Sono di origine lavica. E sapete da dove provengono ? Dal Vesuvio, proprio
dal Vesuvio. Ecco questo era quello che volevo farvi vedere.” Io non potevo
crederci…cosa ? ci aveva fatto scarpinare e inzupparci d’acqua per vedere
quella stronzata?! .Ma Antonio era proprio uno sciroccato, un balengo, un
rincoglionito…-pensai dentro di me-e quando un gruppo di alunni gli gridò : Proff,
vaffanbrodo…lui non si arrabbiò nemmeno…”E adesso si torna in albergo, avanti
ragazzi “
Il ritorno completò l’opera di disfacimento…bagnati fino alle ossa e
con gli ombrelli, che per il vento, si ribaltavano, arrivammo all’albergo
arrancando. Entrammo nella hall...il guardiano che faceva il turno di notte, pensavo
schiattasse lì sul momento...dai nostri vestiti grondava acqua da tutte le
parti…davanti al banco si erano formate tante piccole pozzanghere…Pregò i
ragazzi di lasciare gli ombrelli-quei pochi rimasti in salute- lì, in entrata, e
per favore di togliersi le scarpe onde evitare ruscelli di acqua anche in
ascensore. Nessuno osò contrastarlo.
Salimmo al piano ,,,nessuno, ma proprio nessuno, aveva la più pallida
voglia di fiatare...tutti a riposo come gli agnellini. Anche perché il giorno
dopo, la sveglia era fissata per le sette…e qual’era la meta ? Questa volta non
le pietre laviche, bensì il Vesuvio in persona.
Ps: quella di come far
asciugare le scarpe di quegli imbesuiti che si erano portati dietro solo un
solo paio di scarpe …è un’altra storia….
Nb: questo racconto è ovviamente…assolutamente vero. Risale all’anno
2009.
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