venerdì 24 maggio 2013
Villa Jole.
Villa Jole.
Il 10 luglio del '43 gli alleati erano sbarcati in Sicilia: la 7° armata Usa sulle spiagge di Gela e l '8°armata inglese su quelle di Pachino e Siracusa. Fu la più imponente operazione militare fino ad allora vista nel Mediterraneo. Il 13 luglio venne occupata Augusta e il giorno successivo Agrigento, Caltanisetta e quindi Palermo. La sconfitta italiana era più che certa: in poco tempo le truppe anglo-americane sarebbero salite fino al Nord. E fu in questo clima di disfatta che il 25 luglio Il Gran Consiglio del Fascismo diede la sfiducia a Mussolini, il re ordinò il suo arresto e affidò a Badoglio l'incarico di guidare il nuovo governo. Per questo al centro-Nord i tedeschi incominciarono a pensare di organizzare una linea difensiva nel tentativo di rallentare l'avanzata delle due armata: la famosa linea Gotica voluta dal feldmaresciallo Kesserling. Linea che partendo da Massa Carrara seguendo un fronte di oltre 300 kilometri andava a finire sul versante adriatico tra Rimini e Pesaro. Kesserling intendeva così proseguire la sua tattica della "ritirata combattuta": per infliggere al nemico il maggior numero di perdite. Il piano diventò operativo dal febbraio del '44.
Il 10 Maggio del '44 fu colpita La Spezia e il bombardamento fu piuttosto pesante: colpì in pieno il centro della città: Piazza delle Poste in particolare, sede di quasi tutte le scuole spezzine, i cui ragazzi erano riusciti per miracolo a prendere posto nei rifugi antiaerei situati proprio sotto la stessa piazza.
Mario ,dottore in Agraria, responsabile dell'Ufficio Riforma dell'Agro Pontino fece le scale di casa due a due. Pina prepara le valigie ,dobbiamo andarcene subito.Tutti stanno sfollando!. La situazione è drammatica. Ma dove andiamo Mario? Dove? L'unica possibilità che abbiamo è andarcene a Riva del Garda. Mio fratello Livio ci darà ospitalità a Villa Jole. Lui adesso non c'è, è in Brasile. Mario, dopo dieci minuti era da Franco i .panettiere di Viale Garibaldi. Si mise d'accordo per l'affitto del camioncino del pane. Lui sarebbe rimasto. Pina ,aiutata dai figli Liliana 16 anni, Roberto 17 anni e Gabriella 5 anni, preparò in poche ore i bagagli. Una decina di cartoni, quattro sacchi della farina vuoti, con dentro vestiti, scarpe e libri di scuola dei ragazzi. Liliana si lamentò per il pianoforte che ovviamente andava lasciato lì e Gabriella per Grigio,il gatto: pure quello non poteva essere trasferito. Fecero un viaggio lungo e travagliato, oltre che scomodo. Davanti sedeva Franco il panettiere-autista con Pina e Roberto, dietro Liliana e Gabriella. Fare il passo della Cisa non fu un' impresa facile, perchè carichi com'erano il camioncino faceva fatica a procedere su per le salite.Si dovettero fermare anche due volte per mettere acqua nel motore e una per far vomitare Gabriella che non sopportava tutte quelle curve. Il viaggio durò sette ore. Giunti a Riva, raggiunsero Viale Roma n 30.Villa Jole-oggi Villa Minerva- era sempre la stessa: quattro grandi palme troneggiavano ai lati del cancello, i rosai erano pieni di boccioli, era in piena fioritura anche il glorieto di glicini che tappezzava una parte delle scale dell'entrata. Le aiuole erano in perfetto ordine: dalie e ortensie ben curate ovunque, segno questo che Oreste il factotum che abitava nella casa vicina, aveva il compito di tenere tutto in ordine anche nell'assenza dei padroni. La cancellata di ferro a doppio battente era già stato preparata aperta. Percorsero il vialetto e salirono i quattro gradini.Varcarono la porta: davanti a loro la grande scalinata che portava al secondo piano. Fu lì che si accorsero che c'era qualcosa che non quadrava: in cima alla scala c'era un cancelletto di legno. Stavano riflettendo sulla cosa quando arrivò trafelato Oreste. Spiegò che il secondo piano era stato requisito dai tedeschi, e precisamente dalla famiglia di tale Alois Kuhne, che in quel momento rappresentava in città una specie di prefetto.Quindi a loro rimaneva da occupare solo il primo piano. I ragazzi non batterono ciglio e cominciarono l'ispezione dell'appartamento: una grande cucina, un salotto, una stanza da letto a sinistra della scalinata e due stanze da letto e un bagno a destra: ci si poteva arrangiare. La stanza più grande sarebbe stata occupata da Pina, suo marito e da Gabriella e le altre due una da Liliana e una da Roberto. Scaricarono tutti gli scatoloni e i sacchi aiutati dal fido Oreste e da Franco che quella notte avrebbe dormito a Riva per poi partire all'indomani per casa. La prima notte andò tutto liscio. Stanchi com'erano dormirono come agnellini. Ma il giorno dopo furono svegliati abbastanza presto: c'era una donna che sbraitava in napoletano. In napoletano? Capirono subito l'arcano: la moglie del tedesco Kuhne era una napoletana puro sangue e teneva pure tre figli di 9, 10 e 12 anni. Tutti ubbidientissimi e silenziosissimi che in quell'anno di forzata convivenza si rivolsero ai loro coinquilini solo con un "buon giorno". Una settimana dopo però in quell'appartamento si aggiunse un nuovo ospite: un capitano tedesco,che naturalmente requisì una delle loro stanze. A Liliana perciò toccò andare a dormire con Roberto e la cosa non le piaceva molto: aveva sempre odiato la promiscuità.
L'estate passò in fretta. Roberto si fece socio della Benacense, società sportiva locale. Tutti i pomeriggi al campo a correre o a giocare calcio, così pian piano entrò nella banda dei ragazzi rivani che molte mattine presto lo portavano a pescare lungo i muretti del Lido, e a lui che al mare era abituato uscire col bragozzo di suo padre e pescare con le reti, sembrava strano dover tener mano quella maledetta canna che non adescava un pesce a morire. Ma le cose cambiarono quando all'amo cominciò ad attaccare come esca i lombrichi che Oreste tirava fuori dalla terra dell'orto apposta per lui. Ogni lancio in acqua era una preda. E così diventò subito il fornitore ufficiale di vermi da pesca per tutti gli amici. Ogni sabato mattina c'era anche la gara di nuoto: la pseudo vasca era il canale della Rocca. Dal muretto a nord fino al trampolino e ritorno: Roberto vinceva spesso, nonostante non fosse abituato all'acqua del lago: era magro come un' acciuga ma aveva un torace largo come un armadio. Liliana pensò bene di trasferirsi a Bergamo dalla zia Ariella, che non avendo figli adorava la nipote e Gabriella venne iscritta all'asilo estivo dell'Inviolata tenuto dalle suore. Per la signora Pina invece le giornate erano tutte uguali: il mattino faceva i mestieri di casa aiutata da Rosaria la moglie di Oreste e il pomeriggio alle cinque meno dieci in punto varcava il cancello per raggiungere la casa di un'amica per andare a giocare a carte e precisamente a canasta. Le amiche erano sei e si davano i turni delle case dove incontrarsi. Tornava all'ovile alle otto e guai se qualcuno dei suoi figli si fosse permesso di dire " ho fame". Il sabato e la domenica invece gli incontri avvenivano di sera, così a loro si potevano unire i mariti, che naturalmente non giocavano a carte, bensì si bevevano un cognacchino scambiando quattro chiacchiere e fumando come i dannati aggiungendo così il loro fumo a quelle delle mogli che pure quelle erano delle ciminiere. Si poteva respirare un po' meglio, solo quando si incontravano nella casa di Piazza delle Erbe del farmacista Bettinazzi che aveva un piccolo balcone che dava su un cortile interno. Lì si potevano sedere fuori e fumare beati senza il pericolo che "Il Pippo"-mitico nome dato a tutti i i piccoli aerei monoposto americani impiegati per le perlustrazioni notturne- vedesse la lucetta delle loro sigarette accese. Quelle due sere erano particolari perchè dalle ventuno in poi cominciava il coprifuoco e dunque tutta la gente a quell'ora avrebbe dovuto essere già dentro casa. Ma per loro questa regola non vigeva...infatti delle sei amiche una era la moglie del pretore e quindi un lasciapassare speciale era stato elargito a tutta la combriccola godereccia. Una volta al mese invece una specie di torneo di canasta aperto a tutta la gente di Riva che voleva parteciparvi veniva organizzato in un salone dell'hotel Riva, il più prestigioso albergo della città. E lì bisognava stare molto attenti, le finestre da oscurare erano molto grandi e dai lunghi tendoni grigi non doveva filtrare nemmeno una lacrima di luce. E il piccolo piattino -ricordo per il primo posto- se lo accaparravano sempre le sei "biscazziere"che nella canasta erano piuttosto allenate .(E quest'albergo,il caso volle,fu proprio quello dove venne a soggiornarvi,per 2 mesi, nel 56,il re Faruck appena esiliato dall'Egitto. Lui prenotò l'intero albergo per il suo seguito-camerieri e guardie del corpo-,ma lì la sera si andava di Poker altrochè di canasta !)
Arrivò settembre. E si riaprirono le scuole: Roberto fu iscritto all'ultimo anno del classico al Liceo Maffei, Gabriella alla prima elementare sempre presso le suore e Liliana invece fu obbligata a rinunciare a proseguire le magistrali che si trovavano a Rovereto: il viaggio era troppo pericoloso, avevano mitragliato la strada di Loppio già parecchie volte. Così rimase stracontenta dalla zia Ariella .Giunse Natale. Il dottor Mario arrivò a Riva alla vigilia e a La spezia non tornò più: laggiù in quel clima di pericolo non si poteva più lavorare. Così ogni mattina prendeva la bici di Oreste e pedalando per 7 km raggiungeva Dro. Lì c'erano le campagne dei cugini. Stava sempre con le cesoie in mano: potava i rami degli ulivi ,dei susini , delle viti e sopratutto dava consigli: tutti i contadini delle campagne vicine, informati che era arrivato "el dotòr dei olivi", andavano da lui a prendere lezioni. A pasqua poi, che quell'anno era caduta il 9 aprile, si era messo a vangare e a seminare un piccolo orto...La vita scorreva lenta. Gli alleati stavano avanzando. Correva notizia che entro la fine del mese sarebbero arrivati al Garda. Il 21 aprile ci fu un evento inaspettato: due caccia bombardieri americani volarono basso sopra la città: il loro obbiettivo era la chiesa dell'Inviolata ,ma la sbagliarono colpendo invece le case attorno: Villa Nina porta ancora oggi i segni di quell'incursione.
E si arrivò alla fine di Aprile, precisamente al 26, giorno in cui gli alleati entrarono in Verona: era dunque il momento di portarsi sul Garda per chiudere la via di fuga verso nord offerta ai tedeschi dalle due gardesane. Su entrambe si misero in marcia partendo da Lazise i soldati dell'85°e 86°reggimento della decima Divisione di Fanteria da Montagna, soldati statunitensi, addestrati apposta sulle Montagne Rocciose del Colorado -in gergo la DDM o "mountaineers"- assistiti dall'impiego di DUKW, autocarri anfibi chiamati famigliarmente anche "Anatre" e naturalmente di Carri Armati. I militari che avanzavano su quella Occidentale giunsero a Gargnano senza trovare alcuna resistenza: riuscirono a entrare anche nella Villa di Mussolini -che due giorni prima, nella sua fuga verso la Svizzera era stato bloccato e fucilato- e dormire a turno nel suo letto....E poi proseguirono alla volta di Riva.
La resistenza tedesca invece rimaneva tenace sulla gardesana Orientale. Infatti la DDM arrivata a Malcesine venne informata che le quattro gallerie a nord verso Torbole erano state minate. Decisero allora di aggirare le prime due per via d'acqua con gli anfibi. L'operazione andò a buon fine, sbarcarono e risalirono sulla strada riprendendo l'avanzata fino a Tempesta. Riuscirono a occupare in fretta la galleria di Calcarolle abbandonata dal nemico restando loro da affrontare solo l'ultima: quella di Corno di Bò. Dentro c'erano una ventina di soldati tedeschi -di non più di 16 anni si dice, gli ultimi chiamati alla leva da Hitler-. Venne chiesto loro di arrendersi ma il comandante si rifiutò: morirono tutti tra le fiamme, sotto il tiro di lanciafiamme al napalm.
La strada era libera: potevano raggiungere Torbole. Qui , nel piccolo golfo sbarcarono anche tutti gli anfibi. Era la notte del 30 aprile e i primi carri armati cominciarono a procedere -utilizzando la passerella della Peschiera,poco a nord del ponte sul Sarca che era stato distrutto dai tedeschi- verso Riva, già sotto il controllo dei partigiani.
Mario e Pina non sanno esattamente cosa stia succedendo al di là del Monte Brione. Qualcuno era venuto a dire che gli alleati erano arrivati a Torbole. Era vero? Cosa fare? Presero i loro figli e assieme a un ristretto numero di conoscenti, si avviarono su per la Strada del Bastione. A metà percorso c'era Villa Lina degli amici Drago, che possedeva una specie di rifugio antiaereo: una grotta scavata nella montagna. Ognuno si era portato dietro una coperta, che misero per terra per sdraiarvici sopra. E aspettarono. Da lassù si sentivano solo il rumore di cingolati o quello del motore di qualche camion...Si era fatta l'alba e Lilliana non ne poteva più di stare in mezzo a tutta quella gente stipata come bestie. Uscì dalla grotta, scese verso casa e percorrendo il primo tratto di strada si trovò davanti una cucina da campo caricata sopra un camion: un soldato americano stava distribuendo ai compagni delle gamelle di latte: ne offersero una anche a lei. E notò una cosa che la fece sorridere: lì a pochi metri, proprio davanti all'hotel Miravalle c'era il pittore Raimondi, amico di suo padre che con cavalletto e pennelli stava immortalando la scena (quell'acquarello, magnifico, troneggia ancora oggi nel soggiorno di Lilliana). Lei arrivò a destinazione: riempì la vasca e si fece un bel bagno caldo.
La guerra era dunque finita. La sera stessa, sempre a Villa Jole, nell'appartamento occupato fino allora dal Signor Kuhne che se ne era andato in gran fretta il giorno prima, arrivarono nuovi ospiti: questa volta erano sette soldati americani: tutti ragazzi di poco più di vent'anni. Roberto e Lilliana fecero subito amicizia con loro. Erano simpatici, gentili, generosi, un giorno offersero alla signora Pina una cassettina piena di barrette di cioccolato. Erano tutti dei bei "fanciulli", ma il più carino di tutti era senza dubbio il tenente Billy, (un mountainer) 21 anni ,alto magro, capelli biondi, occhi azzurri e spalle larghe che veniva dal Michigan. Era gentile con tutta la famiglia, ma le sue attenzioni si rivolsero subito a Lilliana, che le accettò molto volentieri. Diventarono subito amici anzi più che amici, sopratutto dopo che lui una sera le portò in dono una scatoletta con dentro un sottile braccialetto d'argento comperato nella Gioielleria Bonometti in Via Gazzoletti. I soldati americani rimasero a Riva più d'un mese ma poi dovettero rientrare al loro paese. Lilliana lo accompagnò fino alla camionetta che lo avrebbe portato a Rovereto e pianse calde lacrime. E si fece promettere da Billy che le avrebbe scritto.Così fu: arrivarono a Villa Jole ben tre lettere in un mese. Ma di quegli scritti lei non seppe mai nulla: vennero requisiti dal dottor Mario ..Che sua figlia se ne andasse in America era l'ultimo dei suoi desideri .
E ancora adesso quando Lilliana (mia suocera,85 anni) parla di questo Billy le si illuminano gli occhi.
ps: ringrazio l'amico e collega Aldo Miorelli che gentilmente mi ha prestato la sua ricerca storica, peraltro inedita, sull'arrivo degli alleati a Torbole.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento