martedì 17 dicembre 2013

La colazione dei canottieri

La colazione dei canottieri.

Era la volta dei formaggi : sul tagliere erano posizionati un eccellente Roquefort, un superbo Camenbert e una piccola formina di Caprice de Deux… quando si sentì bussare violentemente alla porta. Paul pensò subito che fosse qualcuno che stava sbagliando piano o indirizzo, ma visto che quel sciamannato non voleva desistere, si alzò incazzato e andò ad aprire… macché sciamannato, questa era una sciamannata. Entrò di corsa come una furia, si avvicinò al tavolo e cominciò a urlare (.Indovinate contro chi !) “Ehi tu bellimbusto. Altro che riunione degli avvocati del cazzo ! Sei venuto qui a pescare un’altra sgualdrinella. Alza quel culo e seguimi. Ti do due minuti di tempo”. Il marito diventato paonazzo di un colore tendente al viola cardinale, di fronte alla moglie non disse neanche un amen. Si alzò, ricuperò giacca e cilindro e la seguì. La dolce signora uscì sbattendo tacchi e anche la porta.
E dicono che giù per le scale lei prendesse a  pesanti ombrellate il fedifrago marito…

Era un giorno afoso di agosto, ma gli amici Gustavo, Pierre, Paul ed Eugene, non desistettero.: il giro in canoa era stato programmato dalla domenica precedente. Presero i loro remi e ognuno si posizionò  nella propria. E incominciarono a vogare.
Intorno, lungo le rive del fiume, cespugli di lavanda, giaggioli, i cui semi portati dal vento da chissàdove, frinii di grilli e di cicale che con quel caldo cantavano impazzite. Ogni tanto, in qualche insenatura, si poteva scorgere  qualche piccolo di anitra dimenticato dalla madre. E nell’aria un profumo di rose selvatiche…
I quattro compagni continuavano a vogare, ma ad un tratto il giro tranquillo e pacifico, si tramutò in gara: il primo che arrivava sotto il ponte doveva pagare il pranzo agli altri. Pierre era in prima posizione, Gustavo lo superò velocemente, guadagnò terreno anche Paul, che essendo il più forzuto dava dentro nei remi con più vigore. A Eugene invece non piaceva competere, perciò se la prese con calma, anzi lui il fiume lo navigò a zig zag, e quindi altro che ultimo ! Tagliò  il traguardo Paul, che con le sue remate veloci -sembrava Caron demonio dagli occhi di sbragia ! - seminò gli altri due. Tornarono indietro fischiettando e  giunti al Circolo, tirarono fuori dall’acqua le canoe  depositandole sui sassi. Erano sudati marci e avevano  bisogno immediato di bere qualcosa  di fresco. Salirono quindi la scaletta e raggiunsero  il balcone che dava sul fiume. A dir la verità, più che un balcone era una terrazza, posto che fungeva da piccolo ristorante per il Circolo Canottieri per l’appunto. Sotto di essa due piante di glicini, i cui rami si inerpicavano lungo i bastoni che sorreggevano la grande tenda bianca a righe gialle. Furono accolti da un breve battimano…  E scorsero Aline, Ellen, Alphonsine e Angele, sedute a una tavola degnamente imbandita… questa sì che era una sorpresa. ! Si sedettero : Pierre prese subito una bottiglia di vino bianco  e portandola verso l’alto “Brindo alla vittoria dell’amico Paul”-esclamò ridacchiando. E riempì i bicchieri di tutti. Ma  con pronta risposta Ellen: “Grazie bel giovine, ma a dir la verità noi abbiamo più fame che sete”. E si mise a tagliare una baguette  a pezzi, poi ne tagliò un'altra e poi un'altra ancora e distribuì i pezzi di pane agli  amici : passò poi il vassoio del prosciutto, del salame e il piatto del burro salato. I meloni erano ancora intonsi e a questi provvide il buon Gustavo, che li tagliò a spicchi e dopo aver tolto i semi depose due fettine nel piatto di ciascuno.
Le fanciulle erano tutte ben agghindate  nonostante il caldo: gonne lunghe, giacchettine leggere da cui uscivano camicie bianche con colli inamidati e merlettati e sul capo deliziosi cappellini color pastello, che ben risaltavano a confronto di quelli portati dagli uomini: i loro cappelli di paglia assomigliavano a quelli dei  gondolieri di Venezia ! La più sfacciatamente vestita era comunque Ellen, dotata di una scollatura da far voglia anche a un morto! Dicevano che di professione facesse l’attrice, ma chi si era ben informato aveva invece scoperto che faceva la ballerina in un localino di mal affare. Non apparteneva proprio al giro delle amiche qui convenute, ma ogni tanto riusciva ad appiccicarsi a loro. Il suo scopo era lungimirante: lì infatti al Circolo era solito bazzicare anche l’avvocato Barbier, che seppur sposato aveva la fama di libertino e lei doveva assolutamente imbarcarselo. Negli ultimi tempi era a corto di danaro e forse sarebbe riuscita a scucirgli qualche bel franco ! E infatti quel giorno lui era proprio lì, vestito di tutto punto: giacca e cilindro nero.  Dopo qualche esitazione si unì anche lui all’allegra tavolata e si mise a sedere proprio vicino a Ellen. Ci fu un denso parlottio intramezzato da piccole educate risate, quello delle donne, un po’ più sguaiato quello dei maschi.
A un certo punto si alzò in piedi Pierre: ”Signori qui presenti, io vorrei permettermi di brindare anche a qualcosa d’altro …e precisamente a un fidanzamento…” Le ragazze si guardarono in faccia l’una con l’altra… Che scherzo stava combinando quel babbeo ? Però  osservando bene, una sola di loro diventò rossa…”E precisamente  la qui presente Aline diventerà la giovane sposa del nostro Paul …eh lo sapevo che questa era una notizia inedita, ma ho chiesto il premesso per comunicarvelo. Lui non aveva il coraggio “.
Le amiche avrebbero voluto andare ad abbracciare Aline, ma non poterono: Sophie, la cagnolina che lei teneva in braccio cominciò a ringhiare…” Garcòn, portaci una bottiglia di Veuve Clicquot bello fresco. Offro io, dato che sarò uno dei testimoni”. Furono riempiti i bicchieri di tutti e quindi alzandosi di nuovo in piedi, ”Congratulazioni, evviva gli sposi  !“.
“E adesso proporrei una cosa: stasera tutti da Paul per una buon piatto di spaghetti. Fatti all’italiana però!”
Nel tardo pomeriggio a Schatou  cominciò a piovere ,di una pioggerellina fine, tipica dei temporali estivi. La sera  l’allegra comitiva si trovò  sotto il portone; per ultimo si aggiunse a loro anche l’avvocato! Insieme salirono le scale. L’ospite abitava al quarto piano e giunsero in cima col fiatone : gli uomini portavano in mano  una bottiglia di vino ciascuno, anzi no Gustavo portava un pacchettino che emanava uno strano odore, Angele un cestino di uva bianca, Ellen  una sporta di tela con dentro le baguette, Alphonsine un piccolo dolce di mele fatto da lei conservato in una scatola, mentre Aline doveva solo preoccuparsi  di  non far cadere Sophie dal braccio !
Entrarono: tele dappertutto, pennelli e  vasi di colore a terra…un vero casino. Pierre  non poté fare a meno di dire :”Olalà ragazzo, non penso che quando sarete sposati, Aline ti permetterà tutto ‘sto disordine.” Apparecchiarono la tavola, ma quando   misero le sedie si accorsero che ne mancavano due, così andarono a recuperare i due sgabelli che Paul utilizzava per dipingere. Pierre cucinò gli spaghetti  che condì con pomodori crudi e basilico. Ciascuno ne mangiò un piatto abbondante, a parte Ellen che faceva la schifiltosa pensando alla linea. Lei però non si risparmiò sul vino. Doveva pur far modo che anche l’avvocato bevesse…



NB: questa è una,mia libera interpretazione del quadro di Renoir "La colazione dei canottieri".





mercoledì 4 dicembre 2013

Quando il vento soffia.

Quando il vento soffia.


Sbucò dalle coperte che erano le sette. Un po' presto, visto che lei doveva andare a scuola per la seconda ora. Ma era sempre così:  quando apriva gli occhi meglio alzarsi subito. Odiava poltrire nel letto e poi lei a scuola voleva arrivare in anticipo. Per rispetto alla scuola stessa-diceva sempre-.
Salì sulla sua Punto che aveva 20 anni e che registrava sì e no 100.000 km. Parcheggiò nel piazzale al posto n. 15 (e guai se qualcuno osava occuparlo, doveva restare libero anche nel suo giorno libero), e varcò il portone. Per arrivare al terzo piano prese l'ascensore. Anzi no, salì a piedi, perché secondo lei quel "trabiccolo" era una vera trappola per topi. Infatti poteva accadere benissimo che mentre c'era dentro saltasse la luce...e allora ? allora lei sarebbe rimasta chiusa al buio, e nessuno avrebbe sentito le sue grida, ( e anche se le avesse sentite avrebbe fatto finta di non sentirle -sempre secondo lei-).
Transitò in sala professori a depositare il suo pastrano rigorosamente blu, come blu erano le sue scarpe, blu il suo maglione e blu i suoi calzoni.  Aprì l'armadietto e tirò fuori due cose : il suo registro e il suo tablet, anzi non suo, ma  in comodato. Si mise i due oggetti sotto il braccio, cioè infilò il tablet dentro il registro e cominciò a pattinare su per il corridoio. Dalla 2B usciva un chiasso furibondo…si affacciò alla porta...diabolica magia...tutti i fanciulli, anzi tuttissimi, si ammutolirono e presero posto nei loro banchi.
(anzi fecero di meglio ! uno si tolse il berretto e l'altro gli occhiali da sole).
Meglio stare in campana con la Martinelli ! Prof di matematica del corsoB.
Raggiunse quindi la sua classe,  la 3B, e lì,  prima di entrare, attese qualche secondo... come i razzi, tutti i gli alunni raggiunsero le loro postazioni, piazzandosi in piedi  a sinistra del banco. Allora lei si degnò di entrare, e dicendo "seduti" si piazzò alla cattedra.
Fuori stava tirando un vento sciamannato, così sciamannato da far piegare i rami anche del  faggio posizionato davanti alla finestra. .E poi la domenica, cioè il giorno prima, l' Inter aveva perso ignominiosamente giocando con l'ultima sfigata in classifica...E le cose che la Martinelli proprio non riusciva a sopportare, anzi che le facevano girare i coglioni a elica erano due:  il vento e la sconfitta della squadra del cuore. Quel giorno le due variabili si erano accoppiate e allora...cazzi acidi!
Infatti dopo pochi minuti sentenziò: "Oggi ragazzi facciamo una bella provetta sulle ultime due lezioni". In aula ci fu il panico. Giovanni, il capoclasse, provò timidamente a dire che non era giusto,  perché per un tema dovevano essere avvisati prima. Ma la prof. Martinelli, per tutta risposta : "Ah sì ? E chi comanda qui ?  E allora Giovanni vai all'armadio, prendi i fogli di protocollo e distribuiscili". E lei si portò alla lavagna a scrivere la consegna:  "Le progressioni geometriche ".
Quando i ragazzi alla fine dell'ora depositarono i fogli sulla cattedra, notò che alcuni erano in bianco. Peggio per loro-pensò- E qui venne il bello. Perché prima di uscire dalla classe doveva scrivere sul tablet -novità assoluta di quell'anno- la lezione svolta e le assenze. Sul primo compito non c'erano problemi, ma sulla seconda andò in panico. Il prof della prima ora si era dimenticato di segnare l'assenza di un ragazzo e adesso come fare? Il tablet era un marchingegno infernale, per lei che odiava la moderna tecnologia. Dunque, la cosa non era molto semplice, perché il programma del tablet non prevedeva l'aggiunta di un'assenza la seconda ora; questa andava scritta alla prima ora, a meno che questo ragazzo non fosse uscito alla fine della prima. Ma non era così. Dunque bisognava  presupporre che il ragazzo in questione fosse arrivato prima della prima ora e poi avesse chiesto di uscire. Era mai possibile? Un vero casino! Così in effetti era giustificata la sua assenza. Ma a questo si aggiungeva anche il fatto che il tablet al terzo piano non riuscisse ad agganciarsi al server, così bisognava fare molti tentativi. Provare ad andare verso la finestra, ma non funzionava, provare ad alzare il tablet verso l'alto -qualche prof saliva addirittura sulla sedia- ma niente da fare... ecco invece dove funzionava perfettamente :  sopra il bidone dell'immondizia posizionato sulla scale. E infatti qui, alla fine di ogni ora, convergevano tutti i prof del terzo piano. Malandrina tecnologia!
L’ora successiva andò a a fare lezione in 4B, e qui successe la stessa pantomima di prima…andò alla lavagna e scrisse la consegna : “Calcolo delle probabilità. Parlatene”. Poi le toccò la 5B .Ma qui di tema non se ne poteva  parlare proprio,  perché glielo aveva fatto fare la settimana precedente ,e per di più non aveva ancora portato i temi corretti -a dir la verità ne aveva guardato solo la metà e poi si era rifiutata di andare avanti : erano risultati un vero fottutissimo schifezzo – ‘Sti remenghi debosciati non avevano proprio voglia di studiare !
Se Dio volle giunse anche la fine delle lezioni: erano esattamente le tredici e un quarto. Passò dalla sala dei Prof, raccolse il suo pastrano e depositò registro e tablet nel suo armadietto,  anzi no il registro se lo infilò nella borsa, caso mai non le venisse la voglia di “ “aggiustarlo un po’”. Quindi prese le scale e qui incontrò la Zinetti,  insegnante di diritto che le disse che di quella 3B non ne poteva proprio più. I ragazzi non studiavano un cavolo.    Aveva pure convocati i genitori, ma di venti alunni se ne erano presentati alle udienze solo cinque ! La Giacopini  di economia aziendale affondò il dito nella piaga : lei non solo non aveva visto i genitori, ma se per quello nemmeno gli alunni, perché nell’ultima settimana erano andati in marina almeno una decina di mentecatti.
La prof. Martinelli  uscì  quindi sul piazzale, e qui tre colleghe le chiesero se voleva aggiungersi a loro per andare in mensa. “Ma voi siete fuori !”, replicò subito. Perché lei non sarebbe entrata in un mensa neanche morta. E i motivi erano due: primo lei era vegetariana e non aveva nessuna intenzione di ingurgitare brasatini merdosi o cosciette di polli allevati ad antibiotici puri,  secondo, in mensa c’era troppo chiasso e a lei che c’era andata una sola volta,  era sembrato di stare nel terzo girone dell’inferno (quello dei golosi).
Salì sulla suo Punto e prese la strada di casa. Mangiò una bella minestrina e una frittatina di uova e poi pensò di farsi una sana pennichella. Quella giornata di scuola l’aveva stravolta e  i calcoli le uscivano dalle orecchie. Si spatasciò sul divano. Ma dopo dieci minuti suonò il telefono. Cacchio (lei è molto educata !) si era appena addormentata! Non aveva nessuna voglia di rispondere, ma prese su la cornetta in automatico….era la Eldabidella che l'avvisava che i colleghi la stavano aspettando..c'era il dipartimento di matematica....Ma questa è farneticante pensò. E controllò velocissimamente l'agenda: cacchio era proprio vero...lei se l'era dimenticato ! Agguantò il suo pastrano,salì sulla Punto e si avviò di razzo verso quella cacchiuta di scuola ! 
Ehh, dura la vita dei prof  di matematica ! Ma anche di tutti gli altri, se è per quello.


PS:Questa è una prof che esiste veramente .E' stata la mia compagna di banco del liceo per cinque anni. ( a scuola era un geniaccio !). E lei non molla. Insegna ancora.



















Quando il tempo cambia.

Quando il tempo cambia.


Si tirò giù dal letto in ritardo come al solito anche se aveva la seconda ora e come al solito lasciò mutande, calzini, camicia sparsi dappertutto, ma per fortuna quello era uno dei due giorni alla settimana in cui arrivava Ida la colf. Salì sulla sua Polo che aveva ormai 10 anni  e che  registrava 190 mila km. Ma con lo stipendio di un professore c'era poco da comprare. Parcheggiò alla bell'e meglio nel piazzale della scuola e si fiondò su per le scale, facendo gli scalini a due a due. Per arrivare al terzo piano c'era l'ascensore.Ma chi lo se lo pigliava quello? Ci aveva provato più volte, ma quando cominciava a salire, chissà perché lo prendeva improvvisamente una paura che gli toglieva il respiro, tanto che l'ultima volta aveva dovuto scendere assolutamente al primo piano e proseguire a piedi. Giunse al corridoio e si piazzò davanti alla porta della quarta B, la sua classe. Diede una sbirciata dentro e vide il solito putiferio. Ragazzi che erano affacciati alla finestra, altri che leggevano la gazzetta, altri attaccati al cellulare. Appena che videro il prof. Boccelli insegnante di economia aziendale, presero posto come razzi ai loro banchi. Fuori stava cambiando il tempo: il cielo era nuvoloso e prometteva pioggia. Brutt'affare. Perché il prof, che era un meteoropatico per eccellenza, sarebbe stato di pessimo umore. E infatti  come prima cosa fece togliere il berretto a un ragazzo e poi all'altro fece togliere gli occhiali da sole. E poi sentenziò "oggi ragazzi facciamo una bella provetta sulle ultime due lezioni". Ci fu il panico in aula. Si alzò Giovanni il capo classe e timidamente disse che non era d'accordo, perché per il tema dovevano essere avvisati prima. Ma il prof Boccelli di tutta risposta: "Chi comanda qui? Io! E allora Giovanni vai all'armadio, prendi i fogli di protocollo e distribuiscili". E lui si portò alla lavagna a scrivere la consegna "I l reddito d' impresa, concetti essenziali..."
Quando gli alunni alla fine dell'ora depositarono i fogli sulla cattedra notò che alcuni erano in bianco. Peggio per loro- pensò- anche se la lui dispiaceva un pò, perchè nonostante la sua burberia, amava molto i suoi ragazzi.  E qui venne il bello. Perché prima di uscire dalla classe doveva scrivere sul tablet -novità assoluta di quell'anno- la lezione svolta e le assenze.Sul primo compito non c'erano problemi, ma sulla seconda andò in panico. Il prof della prima ora si era dimenticato di segnare l'assenza di un ragazzo e adesso come fare? Il tablet era un marchingegno infernale, per lui che odiava la moderna tecnologia. Dunque,la cosa non era molto semplice, perché il programma del tablet non prevedeva l'aggiunta di un'assenza la seconda ora; questa andava scritta alla prima ora, a meno che questo ragazzo non fosse uscito alla fine della prima. Ma non era così. Dunque bisognava  presupporre che il ragazzo in questione fosse arrivato prima della prima ora e poi avesse chiesto di uscire. Era mai possibile? Un vero casino! Così in effetti era giustificata la sua assenza. Ma a questo si aggiungeva anche il fatto che il tablet al terzo piano non riuscisse ad agganciarsi al server, così bisognava fare molti tentativi. Provare ad andare verso la finestra, ma non funzionava, provare ad alzare il tablet verso l'alto -qualche prof saliva addirittura sulla sedia- ma niente da fare... ecco invece dove funzionava perfettamente era sopra il bidone dell'immondizia posizionato sulla scale. E infatti qui, alla fine di ogni ora, convergevano tutti i prof del terzo piano. Maledetta tecnologia!
Se dio volle arrivò anche la sesta ora. Erano esattamente le una e un quarto. Andò in sala prof, prese il suo cappotto e scese le scale. Qui incontro la Righi di diritto, che gli disse, che di quella quarta B lei non ne poteva più. Tutti studiavano poco ed era stufa anche di convocare i loro genitori, perché di venti ne aveva visto solo cinque .E lui replicò che la stessa cosa valeva anche per lui. Uscì nel piazzale e per un attimo pensò di infilarsi in mensa assieme ai colleghi come aveva fatto qualche volta. Ma quella non era proprio la giornata giusta. Odiava quel chiasso, lui preferiva mangiare in un silenzio quasi assoluto. Così si recò in quella pizzeria fuori porta, dove accanto alle pizze, preparavano anche del buon pesce. Oddio non era un granché, ma un branzino alla griglia lo sapevano cucinare decentemente. E poi non è che spendesse una cifra, perché la scuola gli forniva un buono da 12 euro, il resto ce l'avrebbe messo lui. Quel giorno si bevette anche due bicchieri di Lugana.Tanto il pomeriggio non aveva impegni scolastici, anche se gli fosse venuto un po' di mal di testa, non c'era da preoccuparsi. Tornò a casa e si accorse che Ida era passata. La casa era in perfetto ordine e, dulcis in fundo, trovò un biglietto che lo avvisava che in frigorifero c'era un contenitore con dentro delle triglie ai capperi, cucinate da lei. La sua grande passione! E meno male. Perché quella giornata lui era di luna storta e sarebbe finita che per cena si sarebbe trangugiato un bel barattolo di olive nere e caciocavallo -prelibatezze che gli spediva regolarmente sua cugina sposata a un palermitano-. Si buttò sul divano, pronto per fare una bella pennichella. Ma squillò il telefono. Aveva quasi voglia di non rispondere ma poi alzò la cornetta in automatico. E chi era? Flora, la sua morosa di sempre, che lo avvisava che il venerdì sarebbe giunta da lui, su a Riva,  anche se aveva  poca voglia di sciropparsi quattro ore di treno visto che lei abitava a Torino. Come fare a dirle di no? Dirle che proprio quel weekend lui doveva mettere giù i voti del primo quadrimestre e per di più registrarli su quel famigerato attrezzo che era il tablet? Ma erano due mesi che non si vedevano. E così le rispose un po' bugiardamente. "Ti aspetto, cucciolo, ma mi devi promettere che mi darai una mano a gestire quella macchina infernale, tu che sei una tecnologica". 
E  così avvenne.



venerdì 1 novembre 2013

"El Furbo".


"El Furbo".

Arrivò-pare venisse da Ponte Arche - col suo calesse tirato da due cavalli bianchi fino davanti alla chiesa e scese facendo un piccolo salto... Era vestito tutto di nero: pastrano nero con due code lunghe dietro, calzoni stretti neri, guanti  neri, scarpe a punta nere, e in testa un cappello nero, pur esso a punta. Era un uomo alto e magrissimo e così agghindato sembrava lo spettro di un corvo. Quando arrivava"  El Furbo"-così veniva chiamato dalla gente -... brutto segno: tutti si chiudevano in casa. Avevano paura di lui perché, si diceva, possedesse i poteri del diavolo. Questa volta era stato chiamato dalla madre di Natalina. Ad agili balzi, quasi danzando, percorse tutta la salita fino al borgo di Canale. Entrò in casa dove lo stavano aspettando. Si fece dare una lettera di Alfredo, la buttò nel fuoco, e...tra le fiamme si vide comparire un'immagine... un soldato che camminava a fatica nella neve..."Ecco - sentenziò - suo fratello è ancora vivo".. Natalina se la ricordava bene questa storia, sua madre gliela aveva raccontata tante volte, tante volte...
Natalina scese i gradini della chiesa  e cominciò a prendere la direzione di casa. Nonostante l'età, il suo passo era ancora svelto.Prese come al solito il sentiero acciottolato accanto alla strada maestra.Quella era asfaltata e lei odiava camminare sul liscio.Oltrepassò la fontana alta,dove da sposa andava a lavare i panni, oltrepassò anche quella bassa, dove da ragazza aveva visto andare ad abbeverarsi le capre, oltrepassò l'arco di pietra, proseguendo per la via  davanti a quelle porte restaurate, che una volta contenevano  stalle e ora tavoli e panche, via, che adesso andava restringendosi per poi allagarsi sulla piccola piazza del borgo medievale, contornata tutta da case con finestre e finestrelle e balconi in legno................Non incontrò come al solito anima viva.Sì perché nel borgo Canale di Tenno non ci abitava quasi più nessuno.Lei  aveva novantun'anni e da lì non aveva proprio voluto muoversi, quando la provincia le aveva offerto una casa Fanfani all'inizio del paese..Lì era nata, lì aveva vissuto da sposata, ed ora  ci rimaneva da nonna, anzi da bisnonna.Le case, fatte di sasso erano state tutte ristrutturate, alcune vendute a gente inglese e tedesca, altre abitate solo d'estate da qualcuno dei vecchi proprietari che voleva stare al fresco. Il borgo si animava e prendeva vita solo le prime due settimane d'agosto, perché la Pro Loco organizzava une serie di cene con menù medievale, cene frequentatissime da centinaia di persone. E allora venivano aperte le stanze di tutte le case e su ogni finestra venivano accese candele bianche... e sulla piazzetta veniva eretto un palco dove si alternavano giocolieri, funamboli,mangiatori di fuoco o narratori di storie...
La casa di Natalina era  fra le più in alto, e quando arrivò al portone tirò un sospiro di sollievo:  anche quel giorno era riuscita ad andare a messa. Si tolse il cappotto, si mise sulle spalle uno scialle di lana,  accese il fuoco nel camino, e prese posto sulla sua vecchia poltrona - era sfondata e il suo rivestimento aveva i buchi, ma guai a proporle di sostituirla con una nuova, perché su quella era solito sedersi suo marito-. Le ossa cominciavano a scaldarsi - aveva poca ciccia addosso - e lei si godeva  profondamente quel tepore...e poi le piaceva molto guardare il fuoco..
Fu allora che, guardando quel fuoco, chissà perché le tornò alla mente una storia raccontatale da sua madre tanti anni prima.
Era scoppiata la guerra contro la Germania - anno millenovecentoquindici - ed era partito per il fronte anche suo zio Alfredo, vent'anni. Sue notizie erano solite arrivare ogni due mesi tramite lettera, ma quando nel diciassette di mesi ne passarono sei, sua madre cominciò a preoccuparsi per la sorte del fratello...
E chiamò "El Furbo".


NB: "El Furbo " è una persona che è esistita realmente ed è vero anche il fatto raccontato.



domenica 27 ottobre 2013

Terzo gradino di Trinità dei Monti.


Era la donna più grassa e più golosa che avessi mai visto.Era seduta a un tavolino con sopra mezza  torta Sacher e  un boccale di birra .La vidi stralunare gli occhi prima di incominciare ad affondare la forchetta nel dolce,ma poi la sua ansia si placò.E incominciò a mangiare.Portava la forchetta alla bocca con molta calma,introduceva il boccone che poi assaporava pia piano prima di deglutirlo.E a ogni forchettata si guardava in giro per vedere se qualcuno la stava guardando.Rassicurata impiantava la forchetta un’altra volta,facendo la stessa pantomima di prima.Dopo tre bocconi, brancò il bicchiere e cominciò a bere…sembrava sorseggiasse il nettare degli dei,perchè  ogni sorso era seguito da una smorfia di compiacimento…Era però una donna educata,perché ogni tanto si tamponava la bocca con un fazzoletto rosso che tirava fuori da una borsa verde grande come una valigia.Solo che pulendosi si tirava il rossetto violaceo quasi fino alle orecchie facendola assomigliare a un pagliaccio triste.E avanti con un altro boccone.E ancora avanti con un altro boccone. E poi giù birra.Giù birra.Riuscì a trangugiare  la mezza torta di cioccolato in 35 minuti.Io ero stravolta..non potevo credere ai miei occhi. Misi a fuoco l’intera immagine…era una donna che poteva avere forse cinquantanni,coperta da un vestitone nero lungo fino alle caviglie,portava sandali marron con la zeppa,tanti monili al braccio e una collana d’ambra al collo.I capelli erano ricciuti  e biondicci. Alle orecchie due pindoli che le scendevano quasi fino al collo.Sotto il tavolo stava mollemente dormendo un cucciolo,pure lui cicciuto, di  Cavalier King,il cui guinzaglio era stato agganciato allo schienale della sedia.Io ero seduta sul terzo gradino della Trinità dei Monti,e il bar Aureliano era proprio a dieci metri da me.Io mi ero appena comprata un cartoccio di castagne dal Caldarrostaio di angolo di Via Condotti,e le stavo scartocciando una a una,e a un tratto fui attratta da questa grande massa di colori  : violaverderossonero…Mi piaceva stare in quel posto perché da lì potevo controllare tutto il passeggio.Tutte donne dannatamente eleganti,con tacchi dannatamente  alti,con in mano dannatissimi sacchetti e sacchettini provenienti dai negozi di Via Frattina o Via Borgognona o Via Chissaquale.. A un certo punto vennero  a sedersi vicino a me due uomini distinti.Si davano delle gran pacche sulle spalle e se la ridevano di gusto.Misi ancora a fuoco  l’intera immagine e mi accorsi subito di una cosa: uno dei due era realmente elegante,calzoni di velluto,giacca grigia,camicia botton down  azzurra e cravatta,ai piedi scarpe Church, ma  l‘altro era un finto elegante..Una giacca blu con quattro bottoni dorati,con le maniche che gli arrivavano a metà mano,dei calzoni grigi piuttosto sgualciti,camicia a righe nere e mocassini marron grandi almeno di due numeri in più.Non riuscii a sentire quello che si dicevano,perché il rumore della gente copriva le loro parole.Però le ultime riuscii a coglierle: “Mi dispiace Edoardo ma io in tasca adesso non ho mille euro da prestarti.Tutto quello che ho,sono trecento euro.Ecco prendi ,ma questi non li voglio indietro,te li regalo.Sono stato contento di rivederti dopo venticinque anni.Eh,bei tempi quelli dell’università.Ciao Edo.Abbi cura di te.”E vidi alzarsi quest’uomo e andarsene via con una faccia da cane disperato…. E la signora in nero alzarsi dal tavolino con una faccia da donna compiaciuta e soddisfatta…
 Ed io scesi da quel terzo gradino , mi infilai al Caffè Greco e mi affogai in una cioccolata calda…era venuta voglia di dolce anche a me…che fosse  Gioia ?  Tristezza ?


PS : Questa è una storia inventata.

                                                  

sabato 21 settembre 2013

Via San Giacomo numero ventuno : il dottore degli uccelli.

Via  San Giacomo numero ventuno : il dottore degli uccelli.


 Assieme alla mia amica Simonetta mi recai prima al Poli a comprare sacchettini e scatolette di mangime per uccelli. Parcheggiammo in Via S.Giacomo numero ventuno davanti al cancelletto di legno che era semiaperto.Salimmo la scala esterna ed entrammo senza suonare-come mi aveva raccomandato Ale-
Ci venne incontro proprio lui, il "dottore degli uccelli",ma lui questa volta disse " venite con me ",vi faccio vedere i miei "pazienti". Lo seguimmo fino all'ultimo piano e aperta quella porta..........ci trovammo dentro un mondo che non avevamo mai visto nè immaginato : stavano svolazzando liberi, sopra le nostre teste, almeno un decina di uccellini...e badate bene nel soffitto c'era un lucernario aperto da cui avrebbero potuto tranquillamente uscire... Marco ci spiegò che quelli dopo essere stati curati,avevano scelto di rimanere lì con lui.! Infatti prese in mano una tortora e la mise sopra la mia spalla.Questa non si mosse, anzi avvicinò il becco vicino alla mia guancia come volesse darmi un bacino. Lei è "Fortunata" e le ho dato questo nome perchè era finita dentro una campana che suonava e si è salvata per miracolo.Poi prese al volo una rondinella che posò sulla spalla di Simonetta.Questa è "Veronesa" chiamata così perchè me l'hanno portata  da Verona,poi prese nelle sue mani Cip e Ciop  due canarini.....Quindi da una gabbia tonda usci fuori-naturalmente la porticina era aperta-un pappagallo dalle ali verdi rosse e gialle.Era Billy che alla vista del suo padrone incominciò a gracchiare " fame,fame " e Marco:"Porta pazienza vengo subito". Io e Simonetta eravamo dolcemente stravolte...non avevamo mai visto una cosa del genere. Poi osservammo il resto della stanza,che era una grande mansarda  dotata appunto di una vasistas che serviva a dar fresco  e da cui Marco avrebbe fatto uscire a prendere i il volo gli uccellini guariti. In mezzo a tutti quei ventilatori che andavano ai cento all'ora-era agosto e le mansarde sono particolarmente calde-mettemmo a fuoco quello spazio : c'erano gabbie piccole e grandi dappertutto,con dentro appunto gli ospiti da curare.A quelli più piccoli o più deboli dava il mangime ogni due ore...quindi stava appresso loro anche di notte ! E questo "lavoro" lui lo faceva da sempre : a partime quando lavorava in cartiera..e a tempo pieno da quando era in pensione.Lui aveva sempre accettato tutti gli uccellini che gli portavano ed era riuscito a guarirne tanti...poi finita la degenza, li metteva sulla finestrella affinchè prendessero il volo.In questa sua missione era però aiutato da Nina sua moglie,a cui prima di sposarla aveva detto: "ricordati che se prendi me, devi prendere anche  i miei uccellini"..Anzi se scendevamo al piano di sotto ce l'avrebbe presentata.Eccola qua -mi dissi-la donnina piccola piccola col sorriso grande di cui mi aveva parlato Ale.Le stringemmo la mano e le dicemmo ciao.E qui notammo che lei non  rispondeva ma ci fece un cenno con gli occhi. "Non può sentirvi- disse Marco- perchè Nina è sordomuta !" L'abbracciammo forte e lei ci fece capire che voleva farci vedere qualcosa di speciale...Intanto aveva messo su la moca ,,, Marco entrò nella stanza da letto e ne uscì  con un pappagallino blu e verde sulla spalla.... Sua moglie aveva versato la bevanda in una tazza alta .Lui pose Cochi-questo era il suo nome-sul tavolo e.lui....col becco,come sua abitudine giornaliera, si mise  a sorseggiare il suo caffè.....Ci mostrò poi il premio che quest'anno gli aveva consegnato il Comune di Riva: una grande targa d'argento con sopra scritto " A un grande amico della terra : Marco Rigatti ".Si era fatta l'ora di cena e infatti Nina stava apparecchiando la tavola.Io e Simonetta stringemmo al petto tutti e due..".A proposito -gli dissi- ero venuta per sapere come sta Chiodo.!"(un piccolo anatroccolo appena nato che Ale aveva trovato fradicio e tremante sulla spiaggia dentro una scarpa di un surfista )   "Tutto a posto "-mi rispose-"Stamattina l'ho portato al lago e lui ha preso subito  il largo...!"

PS :Questa è una storia vera.Perciò se anche voi avete un uccellino da curare,portatelo in via sangiacomo numero ventuno.Lì troverete il "dottor Gianni"che se ne prenderà cura.

lunedì 16 settembre 2013

Martino.Il bambino segnatempo.

Martino.Il bambino segnatempo.

Era il primo giorno di scuola di tanti anni fa.E come tutti i primi giorni di scuola  gli alunni erano convocati nell'aula magna.Lì,il preside dava il via all'anno scolastico facendo il solito logorroico noiosissimo discorso che concludeva facendo gli auguri a tutti i presenti di un buon inizio di scuola.Poi invitava le classi seconde e  terze di   mettersi in fila e accompagnate dall'insegnante salire ai piani ed entrare nelle loro aule.Per le prime invece la faccenda era diversa : leggeva ad alta voce il nome e cognome di ogni ragazzo che avrebbe formato la prima A,poi di seguito  i nomi di quelli della prima B,e quindi i nomi della prima C e quindi quelli della prima D. A me toccava quest'ultima.Gli alunni si spostarono perciò sul corridoio,composero alla bel e meglio una fila strampalata,e mi seguirono fino al secondo piano.L'aula era dislocata proprio alla fine di quest'ultimo già con la porta aperta.E qui cominciò il putiferio.Si accalcarono tutti sull'entrata entrando di corsa  spingendosi per accapararsi-naturalmente-gli ultimi posti !.Ai meno svelti toccarono per forza i banchi davanti.Notai subito il biondino con gli occhi azzurri : lui,pur entrando tra i primi si era piazzato in prima fila,accanto alla finestra.Nei giorni seguenti feci ovviamente io gli spostamenti.Invitai a venire davanti alla cattedra i più irrequieti o i molto distratti .Lasciai però Martino-questo era il suo nome-nel posto che si era scelto : era un bambino tranquillo che non dava problemi.O meglio un problema serio l'aveva : invece di guardare in avanti con il viso verso l'insegnante,stava sempre girato a destra verso la finestra.E a niente servivano i nostri richiami,E dico nostri perchè si comportava così anche con tutti i miei colleghi.Passarono due mesi e la situazione non cambiava.: i suoi occhi erano puntati sempre verso la finestra.Osservando bene notai anche che quando c'era il vento lui dondolava il capo come si cullasse seguendo il movimento delle foglie del pioppo che stava in giardino,albero i cui rami arrivavano fino davanti alla famosa finestra.
Un giorno ,durante la pausa delle dieci,mi si avvicinò Raffaele,il suo compagno di banco : mi disse che Martino era un mago : indovinava sempre le previsioni del tempo del giorno dopo.Lì per lì non diedi molto peso alla cosa,ma quando vidi che alla fine di ogni mattina molti ragazzi della classe andavano a chiedergli che tempo avrebbe fatto il giorno dopo,mi incuriosii.E cominciai a interrogarlo anch'io." Martino che tempo farà domani ?"E lui puntuale ."Ci sarà il sole fin verso le quattro ma poi dopo incomicerà a piovere ". My God ! non ne sbagliava una ! E così Martino diventò il " segnatempo" della scuola.Tutti -alunni e insegnanti compresi- ad andare a chiedergli le previsioni del tempo.
Giunsero le udienze ed io fui molto felice di conoscere sua madre : era una donna dolcissima ,anche se molto decisa .Le esposi la situazione scolastica del figlio: i voti in tutte le mie materie erano discreti. Non mi piaceva invece il suo atteggiamento in classe : seppur attento alle lezioni-nel senso che se lo invitavo a ripetere quello che avevo spiegato era più che preparato- stava sempre a guardare fuori dalla finestra.E poi c'era la storia delle previsioni del tempo...di questa sua dote ne parlavano ormai  tutti.
La signora mi diede subito la spiegazione.. Martino era un bimbo bielorusso che lei aveva adottato otto anni prima-lui adesso ne aveva undici -.Era andato a prenderselo lei in quell' orfanatrofio,e tra  le duecento creature stipate in quell' istituto aveva scelto proprio lui,quel bambinetto esile dagli occhi azzurri che alla sua vista si era nascosto dietro a una tenda.Certo che guardava sempre fuori dalla finestra! Nel collegio-se si può chiamare così -tutti i piccoli vivevano all'interno di un box -,quattro in ognuno di essi-fatto di legno con le sponde abbastanza alte.Le " badanti " erano solo una decina e quindi avevano risolto il problema del controllo dei piccoli sistemandoli in quel modo.Naturalmente i box erano ampi e dentro c'erano pure i giocattoli....E quello di Martino era proprio posizionato davanti a una finestra : il suo unico contatto col mondo esterno era rappresentato dunque solo da quel pezzettino di cielo che lui vedeva attraverso i vetri.E  davanti alla finestra c'era proprio un albero....Certo che lui riusciva a prevedere il tempo...quel cielo lui l'aveva osservato proprio bene e probabilmente dentro di lui aveva anche imparato a sentire  i mutamenti del tempo........Mi emozionai. Non potevo credere a questa storia..Ecco qual'era il dolce-amaro segreto di Martino !

PS: Ora Martino è diventato grande. :Lavora nella falegnameria di suo padre.Ha anche una morosa.E non guarda più fuori dalla finestra.Ma riguardo alle previsioni del tempo qualche volta ci azzecca.Solo qualche volta però.
NB:Questa è una storia vera.

lunedì 24 giugno 2013

Il mondo delle api. E di mia madre.

Il mondo delle api. E di mia madre.
Dunque... vediamo da dove incominciare ...devo  pescare nei cassetti della memoria...Un'arnia,ovvero una casetta delle api,contiene di solito 60/70.000 api.Ognuna di esse ha un ruolo,ovvero una mansione.Ci sono le api pulitrici,o spazzine,che hanno appunto il compito di tenere pulito l'interno della casa,sopratutto le celle dove verranno depositate le uova dalla regina (la quale ,dopo aver ben ispezionato potrebbe anche rifiutarsi di ovideporre !) Ci sono le api nutrici,che hanno la mansione di nutrire la covata con nettare,polline e pappa reale.Seguono  le api magazziniere che hanno il  ruolo di aiutare a scaricare dalle zampette delle api bottinatrici il polline che portano man mano nell'alveare e di stivarlo nelle celle,le api  guardiane che hanno il compito di stare sulla "porta " per  controllare se le api che entrano appartengano proprio a quella famiglia-lo sentono dall'odore-viceversa pungeranno l'intruso,le api esploratrici che volando lontano dall'arnia riescono a localizzare le risorse di polline passando poi l'informazione alle api bottinatrici -quest'ultime possono arrivare a trasportare addirittura fino all'85 % del loro peso.Mi dimenticavo : il controllo della temperatura dell'arnia è una della mansioni più importanti. : quando la temperatura è bassa ,un gruppo di api si appresta a generare calore,e quando è alta,alcune api ventilano con le lo loro ali per far circolare l'aria .,perchè la covata richiede una temperatura costante di 35 gradi.E quanto vivono queste creaturine che appartengono  al mondo delle api operaie che cominciano a lavorare da quando larve diventano api ? Ve lo dico subito: vivono esattamente 63 giorni :21 sotto forma di larve ,21 giorni come api  "di casa" e 21 come api di  campo.Nel senso che prima di diventare bottinatrici devono aver svolto all'interno tutti gli altri compiti.Altra cosa importante : quali sono gli "strumenti " di cui è dotata un'ape per bottinare ? sotto le zampette ha due sacche che servono per raccogliere il polline dei petali di un fiore mentre  il muso possiede una piccola proboscide,chiamata ligula,con cui succhia il nettare-la parte liquida - dello stesso fiore.
 Diverso è invece il modo di vivere dell'ape regina.Innanzitutto le sue dimensioni sono diverse dalle quelle comuni : ha un addome allungato,perchè in effetti  lei è stata cresciuta in una cella appunto allungata,cioè una cella reale.,ed è nutrita esclusivamente  con pappa reale  al fine di renderla sessualmente matura.Ma di api regine,ogni colonia ne fa crescere almeno cinque o sei. Queste,giunte alla giusta crescita,faranno un "guerra" tra loro,e la vincitrice,cioè la più forte,avrà il diritto di fare il  volo nuziale par accoppiarsi col fuco che riuscirà a volare più in alto.Una regina può vivere al massimo 3 anni ,perchè poi la sua funzione di deporre si indebolirà o verrà meno.  Quindi la sua sostituzione.sarà  ovvia , o per mano delle sue api che la uccideranno saltandole addosso in gran numero fino a soffocarla,dando così spazio alla nuova regina,oppure quella vecchia deciderà di andarsene molto prima sciamando,cioè allontanandosi dalla sua colonia,portandosi dietro un gran numero di fedelissime.Succederà così che la vecchia famiglia si divida in due:La vecchia e la nuova.E gli apicoltori,dopo aver localizzato il luogo dello sciame,e averlo affumicato con l'apposito affumicatoio,in modo tale che tutte le api  " si rinbanbiscano", possono optare per due soluzioni : o individuare la vecchia regina,e ucciderla,riportando  le vecchie api-che di solito si sono posizionate a grappolo-nella casa vecchia casa. , oppure lasciare viva la vecchia regina e offrire a lei e al suo seguito una nuova casa,cioè una nuova arnia.-questo ovviamente per perpetuare la specie.E chi sono i fuchi ? Sono i maschi delle api.Essi nascono da uova non fecondate dall'ape regina.Il loro corpo è grosso e coperto di peli e non possiedono pungiglione nè fibula..All'interno della famiglia collaborano all'allevamento delle larve,scaldando la covata ,,ma la loro funzione essenziale è appunto quello di fecondare la regina.
Ecco : queste sono le cose che ho imparato da mia madre,( a dir la verità sono andata a cuccare nel suo manuale che tengo gelosamente custodito) che trasferitasi ad abitare in una casa sua con bel pezzo di giardino-era l'anno 57-pensò di "metter su "un allevamento di api,cioè diventare appunto apicoltrice.Lo spazio adatto a a tale  scopo fu individuato nel terreno a nord della casa,in modo tale che le sue creature non venissero disturbate da nessuno e viceversa che nessuno si potesse mettere in pericolo con la puntura di un'ape.: in pratica bisognava girare al largo !
Cominciò con due arnie,poi con quattro poi con sei fino ad arrivare a otto.Ognuna di queste era stata dipinta con un colore diverso,giallo,azzurro,verde,rosso,bianco...perchè secondo lei le inquiline avrebbero individuato meglio la loro casa !  E queste non solo ricoscevano la casa ma riconoscevano pure la padrona ! Perchè ,- e qui non dico bugie-mia madre ha lavorato dietro alle api indossando solo la maschera reticolata  senza  guanti,e non è stata mai,dico mai,punta da un'ape : loro distinguevano il suo odore.! Mentre mio padre,bastava si avvicinasse alla postazione che subito si trovava con una nuvola di api addosso-ma lui era ben bardato : tuta da metalmeccanico di tela grossa,guanti e cappello reticolato-.
Mia madre amava molto le sue creature.Mi ricordo che in primavera,se faceva ancora freddo,le prime api che si avventuravano fuori dall'arnia-perchè in inverno non si muovono dalla casa-spesso cadevano a terra tramortite ,in pratica congelate.Lei prendeva un cestino,le raccoglieva una a una e le portava nella stanza-guardaroba -la meno frequentata dal resto della famiglia-del suo appartamento.Posava il cestino vicino al termosifone e apriva metà finestra : ebbene queste in poco tempo "risuscitavano" e prendevano il volo uscendo appunto dalla finestra.Il miele che otto arnie producevano era tanto,e quindi quando arrivava il momento-dopo aver  controllato- scoperchiando l'arnia,-se i telai erano saturi di miele,bisognava procedere alla "smielatura".Questo era l'unica occasione in cui anche noi figlie-io e mia sorella-potevano prendere parte alla missione-api.La cantina-molto grande che dava direttamente sulla parte posteriore del giardino-diventava per qualche giorno un laboratorio.Veniva messo in campo lo smielatore,un marchingegno che funzionava così : era una grande vasca di zinco rotonda appoggiata in obliquo, con all'interno un attrezzo su cui si agganciavano quattro telai alla volta,colmi di miele.Quest'ultimo era collegato a una grossa manovella,e girando questa si muovevano velocemente anche i telai,che per la forza centrifuga,facevano uscire tutto il loro contenuto contro le pareti della vasca.Questa era munita di un pisciatoio,da cui sgorgava appunto il miele,e sotto di esso mettevamo per raccoglierlo, un secchio alla volta. Questo veniva poi filtrato-perchè nell'operazione,dai telai si staccavano spesso dei pezzi di cera -e deposto nei vasi di vetro-da mezzo kilo o da un kilo-.Ecco.Le cose che a noi due bambine-di 8 e 10 anni-veniva concesso erano tre : girare la manovella-e bisognava farlo con grande forza- raccoglierlo con mestoli appositi (dopo che era stato filtrato) e metterlo nei vasetti ,(  la sera eravamo impiastricciate di miele fino ai capelli! ) e poi attaccare sopra a ognuno l'etichetta "Miele di primavera" o "Miele d'autunno" a seconda dei casi.(La scrittura era delegata a mio padre che aveva una grafia molto elegante).E quale era la differenza tra i due ? Il primo era di un bel giallino ambrato e veniva "creato "coi fiori appunto della primavera tipo acacia, il secondo marron scuro,"creato" invece coi fiori della tarda estate,tipo castagno.(di tutti questi vasetti,alcuni rimanevano a noi o costituivano il regalo di Natale per i nostri amici,il resto veniva venduto a un negozio di specialità trentine ).
 E dove andavano a prenderlo questo polline se noi abitavamo in città ? Le creaturine volavano fino ai boschi circostanti,posizionati sui 700 mt,boschi lontani da noi,in linea d'aria,almeno 5/6 km.Pensate:Un volo che durava un'ora per andare a riempirsi le zampette di polline,entrare nell'arnia,depositarlo e poi via di nuovo ! Una follia ! Ma si sa che ogni animale nasce con un istinto preciso nel suo dna. A tale proposito voglio raccontarvi un 'esperimento escogitato da mia madre e dai suoi amici-colleghi apicoltori  per scoprire quanti giri al giorno riusciva a a compiere un'ape,per andare a bottinare il polline dei castagni del bosco sito in zona san Pietro (sopra al lago di Tenno),zona lontana da noi sempre in linea d'aria,almeno 7 Km.Vennero"affumicate" circa 200 api,che come ho già detto,dopo quest'operazione diventano innocue ,in pratica sembrano quasi morte per cinque minuti. Depositate su un lenzuolo steso in giardino,e poi prese in mano una a una per dipingere  con un pennello piccolissimo, intinto in un colore ad acqua,sulle loro ali un cerchiettino azzurro.-intervento eseguito naturalmente dalle mani di apicoltori esperti- ( ci provai anch'io ma presi una bella sberla sulle mani  e fui allontanata : avevo colorato un'ape di blu interamente,in pratica l'avevo annegata ! ).Riavutesi-si può dire così ?-questi insetti prendevano il volo verso nord in direzione appunto di S.Pietro.Qui si era collocata una postazione di altri apicoltori,che segnavano l'arrivo delle api contrassegnate dal bollino azzurro.Arrivavano,bottinavano e partivano...arrivavano bottinavano e partivano...Dunque si scoprì che la stessa ape in un giorno era riuscita a fare ben 5 giri fino lassù,in pratica in un giorno si era spupazzata 70 Km .(non chiedetemi come si faceva a capire che l'ape appena giunta era quella che era arrivata due ore prima...non lo so e non lo saprò mai !
E fu dopo questo esperimento che mia madre ebbe una folgorazione ! Perchè,in estate, non trasferire direttamente in S:Pietro, le arnie ? Le api si sarebbero affaticate di meno ! Detto fatto. ! Fu preso un camioncino in affitto,chiuse le porte d'entrata delle arnie con degli stracci,caricate le casette e via verso S.Pietro. Aveva ricevuto il permesso di posizionarle in un campo di un contadino che conosceva.E qui le sue api bottinarono a piene mani,cioè a piene zampe.! I Il miele di quell'anno risultò succulento !! Questo trasloco estivo durò qualche anno fino a che quel prato venne venduto.Però mi ricordo di un trasferimento particolare. .E quella volta fu terribile.Perchè il signor Franco che era appunto alla guida del camioncino,arrivato sull'ultima curva verso il paese di Tenno, trovandosi davanti un grande sasso che era caduto dal bordo della strada,diede una frenata violenta : così un'arnia andò a sbattere contro un'altra facendo fuoriuscire da una casetta lo straccio....le api uscirono immediatamente svolazzando impazzite per tutto l'interno...il signor Franco bloccò la macchina lì dov'era e scese immediatamente urlando furibondo seguito da una nuvola di api  Era terrorizzato: aveva api addosso dappertutto.Per fortuna intervennero subito i padroni del bar " Alla Croce" che lo portarono al pronto soccorso.E per far sì che l'auto potesse essere spostata dalla strada furono chiamati i pompieri di Riva,che ben bardati ,introducendo fumo a manetta nell'abitacolo,"rincoglionirono "tutte le api,che poterono proseguire tranquille il loro viaggio verso il bosco dei castagni.
Questa sana passione di mia madre durò per almeno 25 anni,fino a che nel grande campo confinante a nord col nostro giardino,prima coltivato a pesche,dove i nostri insetti andavano a fare tranquillamente man bassa, venne costruito un albergo.Non era più il caso di tenere le api,che avrebbero senz'altro potuto costituire un pericolo per i clienti.  .Così cedette tutte le sue casette colorate,api comprese, all'amico "aiutante di  seconda" Romano che abitava proprio al lago di Tenno,.delle quali adesso si occupa con altrettanta dedizione la figlia Flavia.
Mia madre non volle più parlare di api-di cui aveva sempre molta nostalgia-ma una volta fece un'eccezione:
venne a raccontare a scuola la Storia delle api ai miei ragazzi,che mai vidi così attenti come in quell'ora.

PS: dedico questo pezzo a Tosca,Nathy e Richy  i nipoti di Bruna che mi ha chiesto di scrivere qualcosa da leggere loro prima di andare a letto.








lunedì 10 giugno 2013

I casi del destino........

I casi del destino........
Due anni fa organizzammo un viaggio in compagnia di una coppia di amici inglesi-che naturalmente conoscevano un pò d'italiano- a Roma,città che loro non avevano mai visto (mentre io in sei gite scolastiche l'avevo quasi imparata a memoria) .Dove andare ad alloggiare ? Loro volevano stare in zona Vaticano.Mi venne in mente che potevo chiedere indicazioni a Bianchini,mio collega di scuola,insegnante di storia dell'arte,che  era colui che di solito ci accompagnava  a Roma. Mi suggerì di telefonare a un  B&B proprio in zona S.Pietro.Si chiamava Dietro le Mura del Vaticano ed era gestito dalle Piccole Suore della Sacra Famiglia.Chiamai : mi rispose la Superiora in persona,certa S. Gianlaura,.La prenotazione era di cinque giorni a partire da Santo Stefano e mi disse che in quel momento di stanze libere ce n'era una sola,di ritelefonare il giorno successivo.Gli dissi il mio nome e cognome e cioè Flavia Fioriolli. Seguì un momento di silenzio...e poi mi disse :" ma Flavia di Riva del Garda ?"
Rimasi ammutolita : che fosse una veggente? Risposi di sì.Ma come faceva a saperlo?.Si mise a ridere. "Ma tu non sai con chi stai parlando ". "Certo che no"."Ma tu non sei stata in collegio   -il Seghetti per la precisione-a Verona a fare le superiori ?" "Sì e allora ?" "E come si chiamava la tua insegnate di lettere?" "Suor Gianlaura ". "Ebbene sono io!".Non ci potevo credere. Questa suora si ricordava di me Ed erano passati  48 anni.Vi rendete conto 48 anni ! "E poi l'anno successivo venne pure tua sorella Licia."Pure  di mia sorella si ricordava ..(potenza della memoria umana ! ).Ma se è per quello mi ricordavo anch'io qualcosa: della prova di latino in cui avevo preso tre,dicasi tre,perchè avevo passato il tema a due compagne di classe.Così venne fuori anche la seconda stanza,perchè avrebbe trasferito una coppia nella pensione delle Suore Spagnole lì vicino. Questo comunque era un  vero caso del destino ! Andare a Roma,cercare un B&B e beccare come direttrice dell'alloggio una mia vecchia insegnante ! Roba da pazzi !
Giungemmo a Roma il 26 dicembre  verso sera,come previsto.Appena entrata dalla porta,mi venne incontro proprio lei: una suorina di 45 Kili ,perfettamente uguale a come l'avevo conosciuta io nel 65.Mi emozionai e l'alzai in alto con le braccia,cosa che la spaventò un poco.Ci sistemò nelle stanze,erano spartane ma accoglienti.Dalla mia camera potevo vedere il cupolone e le finestre posteriori dell'appartamento del papa.
La  meta  del nostro primo giorno erano i musei Vaticani .Uscimmo dal cancello che erano le nove e  davanti ai nostri occhi comparve una visione furibonda :c'erano più di 1000 persone,tutte composte in una fila ordinata e silenziosa che aspettavano di accedere alla biglietteria.Tornai indietro subito come un razzo e andai a cercare S Gianlaura.Lei poteva aiutarci ? "Aspettatemi,prendo il mantello".Attraversammo la strada e ci accorgemmo che con la mano fece uno strano cenno all'uomo in divisa blu che stava all'ingresso.Ci avvicinammo alla passerella : lei fece tre bussi a una porticina posta accanto a quella principale: ci aperse una signora pure lei in divisa blu."Seguitemi".Ci trovavamo proprio davanti alla biglietteria. !.I nostri amici inglesi erano fuori di testa : mai e poi mai sarebbe potuta accadere una cosa del genere al loro paese (erano anche un pò seccati !).La visita durò parecchie ore,ed io alla fine ero esausta: non ne potevo più di quei "Beautiful"!" e "Wonderful"! Ci spostammo poi nella Chiesa di S Pietro,e salimmo anche sul loggione superiore esterno.Era già tardi ,ma vedere Castel sant'Angelo tutto illuminato di sera era una cosa che sapeva di magia. .Il mattino successivo ci sciroppammo Piazza Navona,il Pantheon,la Fontana di Trevi-,dove ovviamente ognuno di noi buttò una monetina con le spalle girate,-Piazza della Repubblica,la Basilica di Santa Maria degli Angeli,piazza Venezia ,l' Altare della Patria.Il pomeriggio altro tour de force: il Campidoglio,i Fori Romani in cui i nostri amici scattarono un milione di foto,il Colosseo,la chiesa di s.Giovanni  in Laterano,e dulcis in fundo ci portammo fino alle Terme di Caracalla.Eravamo stravolti , anzi stravoltissimi :avevamo camminato per circa sette ore ! Ma ci aspettava una luculliana cenetta.Io e mio marito quando siamo a Roma non possiamo non andare al ristorante  "Al matriciano",situato proprio in  zona Vaticano,dove si possono mangiare  le specialità romane: carciofi alla Giudia,e un abbacchio al forno coi controfiocchi.Avevamo prenotato lì e avevamo invitato anche s.Gianlaura,che dopo aver chiesto mille permessi-anche se era una superiora-acconsentì.Prendemmo posto,mangiammo e ridemmo di gusto.  Eravamo arrivati al dolce-panna cotta  con frutti di bosco per tutti-quando vidi un signore alzarsi e venire verso il nostro tavolo.E quando fu vicino diede una bella paccata sulle spalle al nostro amico inglese.My god,mi dissi,ma chi è questo burino ? Scoprimmo subito l'arcano : era un collega  del nostro amico Ian Hutchins.
Quest'ultimo è un professore di fisica presso 'l 'università di Cambridge e l'altro,tale Robin, un prof di chimica .Ma era mai possibile che due colleghi inglesi si trovassero a  Roma nello stesso giorno nelle stesso ristorante alla stessa ora !? Questo era un'altro bel caso del destino,se non  sbaglio ! Robin e sua moglie si accomodarono al nostro tavolo e per onorare l'incontro ci ubriacammo o quasi con un degno Ferrari. Il giorno dopo ce la prendemmo con calma : Piazza di Spagna ,Via Condotti con sosta obbligatoria al Caffè Greco dove ci strafogammo di cioccolato con la panna,di pastine e torroncini ,via Borgognona,Via Frattina,dove finalmente ci lustrammo gli occhi con le vetrine dei negozi addobbati a Natale.(io comprai un berrettocappello con una rosa in parte e la mia amica Jennj un portafoglio a pois) E quindi lunga scarpinata per raggiungere il quartiere di Transtevere.Ci arrivammo che erano le cinque e quindi non-visita alla chiesa di S.Maria perchè era già chiusa.Dovevamo cenare e io per fare la grande,proposi di andare "Al rugantino",ristorante famoso frequentato dalla gente del cinema durante la Dolce Vita.Ebbene mangiammo da schifo,anzi da schifissimo, e poi capimmo il perchè: scorgemmo in cucina un cuoco pakistano !
Il mattino dopo,saliti nella terrazza coperta (da vetri)dove si faceva colazione,notammo subito sopra i nostri tovaglioli delle buste arancioni. Che fosse il conto del soggiorno? Le aprimmo: dentro c'era un cartoncino : .il biglietto d'entrata per l'udienza al Papa,regalo per noi da parte di Suor Ganlaura.Avevamo mezzora di tempo per raggiungere la Sala delle Udienze Paolo VI,ma non era molto lontana,bastava attraversare piazza san Pietro e infilarsi nel vicoletto a sinistra,percorso copribile in un quarto d'ora.Mollammo lì thè,caffelatte,fette imburrate e come le schegge raggiungemmo il posto.Non sto qui a raccontare i canti eseguiti da un gruppo argentino,da un gruppo statunitense,da un gruppo messicano,da un gruppo unghesere e infine da un gruppo tedesco,il più gradito al papa penso, visto che Sua Eminenza era Joseph Ratzingher.Il discorso che tenne in italiano a dir la verità fu un pò noioso-era incentrato sul pensiero di un filosofo francese-ma noi eravamo contenti,.Stavamo seduti pur davanti a un papa ! E ci beccammo anche una sacra benedizione ! Nell'uscita ci fu una certa ressa:così noi ci mettemmo tranquilli per dare spazio a chi aveva fretta..E chi vidi passare davanti a me ? Una ventina di persone di Riva del Garda che erano venute a Roma per l'udienza del papa ! Che fosse un'altro caso del destino ?...no,questo forse era un pò.banale...

PS : questa è una storia vera..

venerdì 24 maggio 2013

Villa Jole.



Villa Jole.


Il 10 luglio del '43 gli alleati erano sbarcati in Sicilia: la 7° armata Usa sulle spiagge di Gela e l '8°armata inglese su quelle di Pachino e Siracusa. Fu la più imponente operazione militare fino ad allora vista nel Mediterraneo. Il 13 luglio venne occupata Augusta e il giorno successivo Agrigento, Caltanisetta e quindi Palermo. La sconfitta italiana era più che certa: in poco tempo le truppe anglo-americane sarebbero salite fino al Nord. E fu  in questo clima di disfatta che il 25 luglio Il Gran Consiglio del Fascismo diede la sfiducia a Mussolini, il re ordinò il suo arresto e affidò a Badoglio l'incarico di guidare il nuovo governo. Per questo al centro-Nord i tedeschi incominciarono a pensare di organizzare una linea difensiva nel tentativo di rallentare l'avanzata  delle due armata: la famosa linea Gotica voluta dal feldmaresciallo Kesserling. Linea che partendo da Massa Carrara  seguendo un fronte di oltre 300 kilometri andava a  finire sul versante adriatico tra Rimini e Pesaro. Kesserling intendeva così proseguire la sua tattica della "ritirata combattuta": per infliggere al nemico il maggior numero di perdite. Il piano diventò operativo dal febbraio del '44.

Il 10 Maggio del '44 fu colpita La Spezia e il bombardamento fu piuttosto pesante: colpì in pieno il centro della città: Piazza delle Poste in particolare, sede di quasi tutte le scuole spezzine, i cui ragazzi erano riusciti per miracolo a prendere posto nei rifugi antiaerei situati proprio sotto la stessa piazza.
Mario ,dottore in Agraria, responsabile dell'Ufficio Riforma dell'Agro Pontino fece le scale di casa due a due. Pina prepara le valigie ,dobbiamo andarcene subito.Tutti stanno sfollando!. La situazione è drammatica. Ma dove andiamo Mario? Dove? L'unica possibilità che abbiamo è andarcene a Riva del Garda. Mio fratello Livio ci darà ospitalità a Villa Jole. Lui adesso non c'è, è in Brasile. Mario, dopo dieci minuti era da Franco i .panettiere di Viale Garibaldi. Si mise d'accordo per l'affitto del camioncino del pane. Lui sarebbe rimasto. Pina ,aiutata dai figli Liliana 16 anni, Roberto 17 anni e Gabriella 5 anni, preparò in poche ore i bagagli. Una decina di cartoni, quattro sacchi della farina vuoti, con dentro vestiti, scarpe e libri di scuola dei ragazzi. Liliana si lamentò per il pianoforte che ovviamente andava lasciato lì e Gabriella per Grigio,il gatto: pure quello non poteva essere trasferito. Fecero un viaggio lungo e travagliato, oltre che scomodo. Davanti sedeva Franco il panettiere-autista con Pina e Roberto, dietro Liliana e Gabriella. Fare il passo della Cisa non fu un' impresa facile, perchè carichi com'erano il camioncino faceva fatica a procedere su per le salite.Si dovettero fermare anche due volte per mettere acqua nel motore e una per far vomitare Gabriella che non sopportava tutte quelle curve. Il viaggio durò sette ore. Giunti a Riva, raggiunsero Viale Roma n 30.Villa Jole-oggi Villa Minerva- era sempre la stessa: quattro grandi palme troneggiavano ai lati del cancello, i rosai erano pieni di boccioli, era in piena fioritura anche il glorieto di glicini che tappezzava una parte delle scale dell'entrata. Le aiuole erano in perfetto ordine: dalie e ortensie ben curate ovunque, segno questo che Oreste il factotum che abitava nella casa vicina, aveva il compito di tenere tutto in ordine anche nell'assenza dei padroni. La cancellata di ferro a doppio battente era già stato preparata aperta. Percorsero il vialetto e salirono i quattro gradini.Varcarono la porta: davanti a loro la grande scalinata che portava al secondo piano. Fu lì che si accorsero che c'era qualcosa che non quadrava: in cima alla scala c'era un cancelletto di legno. Stavano riflettendo sulla cosa quando arrivò trafelato Oreste. Spiegò che il secondo piano era stato requisito dai tedeschi, e precisamente dalla famiglia di tale Alois Kuhne, che in quel momento rappresentava in città una specie di prefetto.Quindi a loro rimaneva da occupare solo il primo piano. I ragazzi non batterono ciglio e cominciarono l'ispezione dell'appartamento: una grande cucina, un salotto, una stanza da letto a sinistra della scalinata e due stanze da letto e un bagno a destra: ci si poteva arrangiare. La stanza più grande sarebbe stata occupata da Pina, suo marito e da Gabriella e le altre due una da Liliana e una da Roberto. Scaricarono tutti gli scatoloni e i sacchi aiutati dal fido Oreste e da Franco che quella notte avrebbe dormito a Riva per poi partire all'indomani per casa. La prima notte andò tutto liscio. Stanchi com'erano dormirono come agnellini. Ma il giorno dopo furono svegliati abbastanza presto: c'era una donna che sbraitava in napoletano. In napoletano? Capirono subito l'arcano: la moglie del tedesco Kuhne era una napoletana puro sangue e teneva pure tre figli di 9, 10 e 12 anni. Tutti ubbidientissimi e silenziosissimi che in quell'anno di forzata convivenza si rivolsero ai loro coinquilini solo con un "buon giorno". Una settimana dopo però in quell'appartamento si aggiunse un nuovo ospite: un capitano tedesco,che naturalmente requisì una delle loro stanze. A Liliana perciò toccò andare a dormire con Roberto e la cosa non le piaceva molto: aveva sempre odiato la promiscuità.
L'estate passò in fretta. Roberto si fece socio della Benacense, società sportiva locale. Tutti i pomeriggi al campo a correre o a giocare calcio, così pian piano entrò nella banda dei ragazzi rivani che molte mattine presto lo portavano a pescare lungo i muretti del Lido, e a lui che al mare era abituato uscire col bragozzo di suo padre e pescare con le reti, sembrava strano dover tener mano quella maledetta canna che non adescava un pesce a morire. Ma le cose cambiarono quando all'amo cominciò ad attaccare come esca i lombrichi che  Oreste tirava fuori dalla terra dell'orto apposta per lui. Ogni lancio in acqua era una preda. E così diventò  subito il fornitore ufficiale di vermi da pesca per tutti gli amici. Ogni sabato mattina c'era anche la gara di nuoto: la pseudo vasca era il canale della Rocca. Dal muretto a nord fino al trampolino e ritorno: Roberto vinceva spesso, nonostante non fosse abituato all'acqua del lago: era magro come un' acciuga ma aveva un torace largo come un armadio. Liliana pensò bene di trasferirsi a  Bergamo dalla zia Ariella, che non avendo figli adorava la nipote e Gabriella venne iscritta all'asilo estivo dell'Inviolata tenuto dalle suore. Per la signora Pina invece le giornate erano tutte uguali: il mattino faceva i mestieri di casa aiutata da Rosaria la moglie di Oreste e il pomeriggio alle cinque meno dieci in punto varcava il cancello per raggiungere la casa di un'amica per andare a giocare a carte e precisamente a canasta. Le amiche erano sei e si davano i turni delle case dove incontrarsi. Tornava all'ovile alle otto e guai se qualcuno dei suoi figli si fosse permesso di dire " ho fame". Il sabato e la domenica invece gli incontri avvenivano di sera, così a loro si potevano unire i mariti, che naturalmente non giocavano a carte, bensì si bevevano un cognacchino scambiando quattro chiacchiere e fumando come i dannati aggiungendo così il loro fumo a quelle delle mogli che pure quelle erano delle ciminiere. Si poteva respirare un po' meglio, solo quando si incontravano nella casa di Piazza delle Erbe del farmacista Bettinazzi che aveva un piccolo balcone che dava su un cortile interno. Lì si potevano sedere fuori e fumare beati senza il pericolo che  "Il Pippo"-mitico nome dato a tutti i i piccoli aerei monoposto americani impiegati per le perlustrazioni notturne- vedesse la lucetta delle loro sigarette accese. Quelle due sere erano particolari perchè dalle ventuno in poi cominciava il coprifuoco e dunque tutta la gente a quell'ora avrebbe dovuto essere già dentro casa. Ma per loro questa regola non vigeva...infatti delle sei amiche una era la moglie del pretore e quindi un lasciapassare speciale era stato elargito a tutta la combriccola godereccia. Una volta al mese invece una specie di torneo di canasta aperto a tutta la gente di Riva che voleva parteciparvi veniva organizzato in un salone dell'hotel Riva, il più prestigioso albergo della città. E lì bisognava stare molto attenti, le finestre da oscurare erano molto grandi e dai lunghi tendoni grigi non doveva filtrare nemmeno una lacrima di luce. E il piccolo piattino -ricordo per il primo posto- se lo accaparravano sempre le sei "biscazziere"che nella canasta erano piuttosto allenate .(E quest'albergo,il caso volle,fu proprio quello dove venne a soggiornarvi,per 2 mesi, nel 56,il re Faruck appena esiliato dall'Egitto. Lui prenotò l'intero albergo per il suo seguito-camerieri e guardie del corpo-,ma lì la sera si andava di Poker altrochè di canasta !)
Arrivò settembre. E si riaprirono le scuole: Roberto fu iscritto all'ultimo anno del classico al Liceo Maffei, Gabriella alla prima elementare sempre presso le suore e Liliana invece fu obbligata a rinunciare  a proseguire le magistrali che si trovavano a Rovereto: il viaggio era troppo pericoloso, avevano mitragliato la strada di Loppio già parecchie volte. Così rimase stracontenta dalla zia Ariella .Giunse Natale. Il dottor Mario arrivò a Riva alla vigilia e a La spezia non tornò più: laggiù in quel clima di pericolo non si poteva più lavorare. Così ogni mattina prendeva la bici di Oreste e pedalando per 7 km raggiungeva Dro. Lì c'erano le campagne dei cugini. Stava sempre con le cesoie in mano: potava i rami degli ulivi ,dei susini , delle viti e sopratutto dava consigli: tutti i contadini delle campagne vicine, informati che era arrivato "el dotòr dei olivi", andavano da lui a prendere lezioni. A pasqua poi, che quell'anno era caduta il 9 aprile, si era messo a vangare e a seminare un piccolo orto...La vita scorreva lenta. Gli alleati stavano avanzando. Correva notizia che entro la fine del mese sarebbero arrivati al Garda. Il 21 aprile ci fu un evento inaspettato: due caccia bombardieri americani volarono basso sopra la città: il loro obbiettivo era la chiesa dell'Inviolata ,ma la sbagliarono colpendo invece le case attorno: Villa Nina porta ancora oggi i segni di quell'incursione.
E si arrivò alla fine di Aprile, precisamente al 26, giorno in cui gli alleati entrarono in Verona: era dunque il momento di portarsi sul Garda per chiudere la via di fuga verso nord offerta ai tedeschi dalle due gardesane. Su entrambe si misero in marcia partendo da Lazise i soldati dell'85°e 86°reggimento della decima Divisione di Fanteria da Montagna, soldati statunitensi, addestrati apposta sulle Montagne Rocciose del Colorado -in gergo la DDM  o "mountaineers"- assistiti dall'impiego di DUKW, autocarri anfibi chiamati famigliarmente anche "Anatre" e naturalmente di Carri Armati. I militari che avanzavano su quella Occidentale giunsero a Gargnano senza trovare alcuna resistenza: riuscirono a entrare anche nella Villa di Mussolini -che due giorni prima, nella sua fuga verso la Svizzera era stato bloccato e fucilato- e dormire a turno nel suo letto....E poi proseguirono alla volta di Riva.
La resistenza tedesca invece rimaneva tenace sulla gardesana Orientale. Infatti la DDM arrivata a Malcesine venne  informata che le quattro gallerie a nord verso Torbole erano state  minate. Decisero allora di aggirare le prime due per via d'acqua con gli anfibi. L'operazione andò a buon fine, sbarcarono e risalirono sulla strada riprendendo l'avanzata fino a Tempesta. Riuscirono a occupare in fretta la galleria di Calcarolle abbandonata dal nemico restando loro da affrontare solo l'ultima: quella di Corno di Bò. Dentro c'erano una ventina di soldati tedeschi -di non più di 16 anni si dice, gli ultimi chiamati alla leva da Hitler-. Venne chiesto loro di arrendersi ma il comandante si  rifiutò: morirono tutti tra le fiamme, sotto il tiro di lanciafiamme al napalm.
La strada era libera: potevano raggiungere Torbole. Qui , nel piccolo golfo sbarcarono anche tutti gli anfibi. Era la notte del 30 aprile e i primi carri armati cominciarono a procedere -utilizzando la passerella della Peschiera,poco a nord del ponte sul Sarca che era stato distrutto dai tedeschi- verso Riva, già sotto il controllo dei partigiani.
Mario e Pina non sanno esattamente cosa stia succedendo al di là del Monte Brione. Qualcuno era venuto a dire che gli alleati erano arrivati a Torbole. Era vero? Cosa fare? Presero i loro figli e assieme a un ristretto numero di conoscenti, si avviarono su per la Strada del Bastione. A metà percorso c'era Villa Lina degli amici Drago, che possedeva una specie di rifugio antiaereo: una grotta scavata nella montagna. Ognuno si era portato dietro una coperta, che misero per terra per sdraiarvici sopra. E aspettarono. Da lassù si sentivano solo il rumore di cingolati o quello del motore di qualche camion...Si era fatta l'alba e Lilliana non ne poteva più di stare in mezzo a tutta quella gente stipata come bestie. Uscì dalla grotta, scese verso casa e percorrendo il primo tratto di strada si trovò davanti una cucina da campo caricata sopra un camion: un soldato americano stava distribuendo ai compagni delle gamelle di latte: ne offersero una anche a lei. E notò una cosa che la fece sorridere: lì a pochi metri, proprio davanti all'hotel Miravalle c'era il pittore Raimondi, amico di suo padre che con cavalletto e pennelli stava immortalando la scena (quell'acquarello, magnifico, troneggia ancora oggi nel soggiorno di Lilliana). Lei arrivò a destinazione: riempì la vasca e si fece un bel bagno caldo.
La guerra era dunque finita. La sera stessa, sempre a Villa Jole, nell'appartamento occupato fino allora dal Signor Kuhne che se ne era andato in gran fretta il giorno prima, arrivarono nuovi ospiti: questa volta erano sette soldati americani: tutti ragazzi di poco più di vent'anni. Roberto e Lilliana fecero subito amicizia con loro. Erano simpatici, gentili, generosi, un giorno offersero alla signora Pina una cassettina piena di barrette di cioccolato. Erano tutti dei bei "fanciulli", ma il più carino di tutti era senza dubbio il tenente Billy, (un mountainer) 21 anni ,alto magro, capelli biondi, occhi azzurri e spalle larghe che veniva dal Michigan. Era gentile con tutta la famiglia, ma le sue attenzioni si rivolsero subito a Lilliana, che le accettò molto volentieri. Diventarono subito amici anzi più che amici, sopratutto dopo che lui una sera le portò in dono una scatoletta con dentro un sottile braccialetto d'argento comperato nella Gioielleria Bonometti in Via Gazzoletti. I soldati americani rimasero a Riva più d'un mese ma poi dovettero rientrare al loro paese. Lilliana lo accompagnò fino alla camionetta che lo avrebbe portato a Rovereto e pianse calde lacrime. E si fece promettere da Billy che le avrebbe scritto.Così fu: arrivarono a Villa Jole ben tre lettere in un mese. Ma di quegli scritti lei non seppe mai nulla: vennero requisiti dal dottor Mario ..Che sua figlia se ne andasse in America era l'ultimo dei suoi desideri .
E ancora adesso quando Lilliana (mia suocera,85 anni) parla di questo Billy le si illuminano gli occhi.

ps: ringrazio l'amico e collega Aldo Miorelli che gentilmente mi ha prestato la sua ricerca storica, peraltro inedita, sull'arrivo degli alleati a Torbole.







martedì 9 aprile 2013

Massimo Carlotto : uno scrittore noir.


Massimo Carlotto : uno scrittore noir.

Carlotto Massimo...chi è costui ?  Ve lo spiego subito. E' un giallista italiano che ho cominciato a conoscere
quest'estate..e ora che mi sono sciroppata-con molto piacere devo dire-il suo dodicesimo libro sui venti che ha pubblicato,mi piacerebbe consigliarlo anche alle amiche o amici che mi leggono.
Dunque: M:C.,data di nascita 56,nel 76 studente militante di lotta Continua a Padova scopre casualmente una studentessa colpita da cinquantanove coltellate morente nel suo appartamento e lui si reca dai Carabinieri per raccontare il fatto: ma viene fermato,arrestato e imputato di omicidio: verrà condannato a dicciott'annni di reclusione.Così si da'alla latitanza prima in Francia e poi in Messico da dove tornerà nell'85" per costituirsi alle autorità italiane.Nel corso dello stesso anno nasce il "Comitato Internazionale Giustizia per Massimo Carlotto con sede a Padova,Roma,Parigi e Londra che organozza una campagna di informazione e una raccolta di firme a favore della revisione del processo.Si farà i suoi anni di galera fino al 92,anno in cui i suoi genitori chiederanno la Grazia al Presidente della Repubblica Scalfaro che gliela concederà. E da lì incomincia a scrivere.Primo romanzo pubblicato "Il fuggiasco" autobiografico ovviamente,a cui seguono :
-La verità dell'alligatore
-Il corriere colombiano
-Il mistero di Mangiabarche
-Il maestro di Nodi
-Nessuna cortesia all'uscita
-La terra della mia anima
-La donna del bandito
Questi romanzi hanno come protagonisti sempre  tre personaggi chiave e cioè Marco Buratti,chiamato l'Alligatore perchè da giovane cantava in un complesso blues che portava il nome di " Gli alligatori":ex galeotto ora si presta a fare il detective per neccessità economiche,ma gli è rimasta addosso la fragilità degli ex detenuti e l'ossessione della giustizia.A lui si rivolgono per farsi aiutare magistrati poliziotti galeotti spacciatori ladri ma anche persone normalissime quali un marito che cerca la moglie scomparsa ecc.Lui non è violento ma consiglia di esserlo ai suoi due soci Beniamino Rossini e Max La Memoria.Il primo un malavitoso mìlanese con il quale ha stretto una bella amicizia malgrado le differenze culturali e di temperamentoE il suo carattere stupisce molto perchè la sua è una personale etica da gangster della vecchia guardia quando discute su cosa è giusto fare e non fare seguendo le regole di una criminalità sostenibile .Il secondo un galeotto latitante che fa appunto "da memoria",perchè nel suo computer sono registrate tutte le persone e i fatti che appartengono al loro mondo dai poliziotti ai magistrati ai delinquenti ai detenuti...rapine accadute omicidi commessi ...
E le vicende in cui loro si muovono....ti prendono  da morire.Sopratutto noi del Nord penso perchè metà dei romanzi sono ambientati dalle nostre parti, cioè Padova, Bassano,Vicenza,Marostica,Sono tutti romanzi brevi di duecento pagine al massimo e quando incominci a leggerne uno e magari sono le undici pm,va a finire che sono le tre am che sei ancora lì che conti le pagine che ci sono per finirlo. Insomma uno scrittore noir italiano coi fiocchi,che ben dovrebbe trovare posto nelle nostre librerie piene zeppe di autori americani.E  a dir la verità  in mezzo a tutti questi efferrati scenari di crimine e di morte che io di solito aborrisco,ha trovato spazio anche qualche lacrima. .Perchè mi sono commossa moltissimo leggendo "La terra della mia anima" e "L'amore del bandito",dove pulsa a manetta il cuore dello scrittore....(Non posso svelarvi il contenuto purtroppo...)
Un discorso a a parte gli altri libri.Mi è piaciuto molto anche " Le irregolari".
 Questo romanzo è ambientato in Argentina,dove Carlotto si reca sulle tracce di un antico parente,Infatti egli parte da Buones Aires per ricalcare l'itinerario del proprio avo partito da Padova nei primi anni del 900,alla ricerca di lavoro e di libertà politica.E qui scoprirà l'incubo vissuto dai suoi parenti e da altri ragazzi della sua generazione.Il titolo prende appunto spunto dalle nonne e le madri di Plaza de Mayo che vedendo sparire i loro figli e i loro nipoti non si arresero :Iniziarono a scendere in piazza  a sfidare apertamente la dittatura.
E' un libro toccante,che fa meditare,
Altri romanzi scritti da lui sono:
-Niente più niente al mondo
-L'oscura immensità della morte
-Nordest
-Cristiani di Allah
-Perdas de fogu
-Arrivederci amore ciao
-A fiato corto
Tutti da leggere...........







domenica 7 aprile 2013

Le sciarpe della Bibi.


Le sciarpe della Bibi.

Sono entrata dalla porta di servizio perchè su quella principale c'erano di guardia i cani e mi sono trovata direttamente in soggiorno...un panorama magnifico dato che la amica abita in una zona sopra la città.Un panorama magnifico con vista lago vista montagne vista piscina vista pergolato di vigne...ma sopratutto con vista sciarpe...Cosa centrano le sciarpe? direte voi...ma è stato proprio così.Vista sciarpe perchè davanti a me c'era un pavimento tappezzato di sciarpe.Di sciarpe da portare al collo voglio dire...sì. .Ed erano costì  perchè  la mia amica stava facendo trasloco degli armadi e allora le aveva piazzate lì per cominciare a fare ordine.. alle sciarpe volevo dire.Perciò erano tutte lì per essere catalogate e quindi riposte nei cassetti a seconda...di cosa? ...dei colori forse dei disegni forse della marca forse della grandezza forse dei tessuti no perchè erano tutte rigorosamente caschemir misto seta e tutte della stessa marca-quella non ve la dico-.Ho cominciato a osservarle....non avevo  mai visto una collezione simile .(.Sì perchè ovviamente Bibi è una collezionista di un simile orpello) nemmeno in un negozio di abbigliamento.Così le ho aperte una a una...i colori andavano dall'azzurro sbiadito al pervinca all'azzurro polvere al celeste turchino al celeste ottanio.-lei è bionda e l'azzurro è il colore che più le si addice-.Poi c'erano i verdi: dal verde salvia al verde bottiglia al verde loden al verde muschio...poi c'erano i marron dal marron bruciato al marron nutella al marron castagna al marron testa di moro al marron glassè.Poi c'erano i neri...su questo colore poche divagazioni al massimo con dentro qualche fiore pizzuto beige o rosso.Ma poi c'erano quelle con dentro i disegni...e quale disegno ?...i cuori naturalmente !!!Cuori di tutte le razze di tutte le forme di tutti i colori.Ad esempio una sciarpa azzurro pallido con dentro cuori rosa pure loro pallidi una sciarpa nera con dentro dei cuori rossini una sciarpa bluette con dentro dei cuori gialli...poi c'erano quelle con i disegni batik o lavorate a quadri scozzesi...l'ultima era bianchetta e riportava tanti bei cavallini a dondolo...(la mia passione ).Ne ho prese una decina e sono andata a provarmele davanti allo specchio...un incanto...tutte quelle sciarpe erano un magico incanto (si può dire ?) Ho chiesto alla mia amica l'origine di quella sciamannata nonchè dispendiosa sciarpodipendenza..E lei è andata a rovistare nei ricordi della sua infanzia.Di quando in estate in vacanza da sua nonna olandese dato che sua mamma è di Rotterdam,era solita andare a rumegare nei bauli della soffitta che contenevano montagne di pezze colorate.Lei se le cacciava addosso agghindandosi nelle maniere più furibonde.  Naturalmente abbiamo anche incominciato a contarle visto che bisognava calcolare lo spazio dove metterle...siamo arrivate a quota ...antasei...è vero acquistate nel corso degli anni....ma erano pur sempre ...antasei !!!  E mentre contavamo ha fatto capolino  suomaritostefano chiedendoci se avevamo fatto il conto...trentacinque è stata la nostra bugiardissimissima risposta...E la sua : mi sembravano di più. E noi : si vede che non hai occhio...Così si è dileguato quasi un pomeriggio ed io che avevo detto vengo a dare una sbirciata  e poi vado.Forse saremmo ancora lì sedute in mezzo a quelle sciarpe se non fosse intervenuto un caso fortuito.-fortuito mica tanto !-..abbiamo sentito uno dei due cani fare dei versi strani ..siamo corse da lui...Si stava mangiando un'etichetta di una sciarpa di quelle che dicono lavare esclusivamente a secco e non riusciva proprio a mandarla giù...meno male !!!!

Ps : questa è una storia vera .










domenica 31 marzo 2013

Giorno di Pasqua fuori porta.


Giorno di Pasqua fuori porta.

Giornata di pasqua fuori porta...si fa per dire...con un tempo furibondo come quello di oggi dove si poteva andare ? noi a dir la verità ,quando aperti gli occhi e tirata su la persiana abbiamo visto il sole...ci siamo agghindati in tenuta da footing...scarpe tempo libero e tuta da jogging...siamo andati a far gli auguri ai vicini di casa o meglio ai loro ospiti inglesi e..australiani..  assieme ai quali abbiamo partecipato alla ricerca delle uova nascoste tra i cespugli del giardino in onore delle loro nipotine Cami e  Ari e poi ci siamo incamminati.Era già l'alba delle ore 13...la nostra meta era Torbole cinque kilometri all'andata e cinque al ritorno ma giunti all'altezza di Villa Cian  abbiamo guardato su su su verso il cielo.Nubi rabbiose si stavano avvicinando e per di più si era alzata anche un'Ora feroce...che fare ? ci siamo infilati dentro  dentro al ristorante Villa Cian voglio dire a abbiamo preso posto.Secondo piano vista lago...davanti a noi in lontananza mille barchette anzi milleduecentoquarantacinque barchette - lo sappiamo dalle iscrizioni alla Rergata-Optimist per la precisione divise in cinque batterie pronte sulla linea di partenza.Ci siamo goduti quello spettacolo più che unico...milleduecentoquarantacinque suorine col vestito bianco tutte in fila..e intanto ci siamo spupazzati il menù ! Niente menù pasquale per fortuna...Sotto il nostro tavolo o meglio in parte al suddetto piazzato il plaidino più ciotolaperl'acqua più pollastrello di plastica per Ulisse che mica potevamo lasciare a casa da solo...è stato un cherubino...Nel frattempo è cominciato a piovere..così vista l'obbligata rinuncia al nostro giro ce la siamo presi con calma e ci siamo sciroppati un pranzo di pesce di tutto rispetto : trenette alle zucchine e gamberetti  branzino ai ferri orata ai ferri   verdure miste ai ferri il tortino di cioccolato no quello era cotto al forno...ci siamo alzati da tavola che erano le cinque...niente male  la nostra passeggiata pasquale  no ?!

mercoledì 20 marzo 2013

Piazza delle Erbe


Piazza delle Erbe

Ciao Roberto. Dunque....cercherò di scavare nei miei ricordi perchè in effetti io sono andata via dalla casa di Piazza delle Erbe quando avevo 7 anni per trasferirmi in viale dei Tigli.
Vediamo: P., sì, è diventato un grande nel Basket rivano come pure una delle sue figlie; J., sì, abitava sopra di te all'ultimo piano...poi c'erano i fratelli e le sorelle P. che abitavano in Via Concordia, T. il cui padre conduceva l'albergo Alpino, M. due grandi occhi da cerbiatta che abitava lì vicino, C.. che abitava in via Florida come pure E., A.. che abitava sulla tua stessa Via Maffei. Poi c'erano gli infiltrati cioè quelli che arrivavano da Piazza S.Rocco. Mi ricordo bene di G.. simpaticissimo e buono come il pane che aveva la polio a un braccio: a Natale lui invitava tutti gli amici della piazza a fare il presepe nell'androne della sua casa con l'acqua che scorreva per davvero nei suoi ruscelletti fatti di carta stagnola...e spesso a questa creazione interveniva anche qualche nonno che immancabilmente spostava di posto le statuine dicendo "stà chi la stà meio qua.".... Riguardo ai giochi che facevamo in particolar modo mi ricordo di quelli estivi estivi : ad es. il nascondino.Tutti i ragazzi di P. Erbe si dividevano i 4 bande, ognuna composta da almeno 10 bambini e capitanata da un adulto...in questo momento mi sovviene il nome di uno di loro di cognome faceva B. ed era sempre scalzo. Ci si sparpagliava per la città...vinceva chi riusciva a fare punto sotto i portici davanti al negozio delle Signorine D., che si lamentavano sempre perchè giocando noi davanti alle vetrine impedivamo ai loro clienti di vedere il contenuto delle stesse... Poi mi ricordo di uno sfaccendato che di soprannome faceva Pinguino....mitico milanista...lo facevano bere e poi gli promettevano dei soldi se andava a buttarsi nella fontana..e noi bambini eravamo sempre disperati perchè avevamo paura che si annegasse..e andavamo ad aiutarlo a uscire fuori. Poi mi ricordo..vediamo...se pioveva venivamo a rifugiarci nell'atrio del tuo palazzo che aveva i ciottoli per terra. Me lo ricordo bene perchè proprio cadendo su quei sassi io ho perso l'anello di fidanzamento di mia madre che le avevo sottratto dal cassetto...non era un brillante bensì una modesta acquamarina. Ma a causa di questa mancanza lei volle darmi un castigo esemplare, togliermi dalle lezioni di pianoforte a cui io tenevo tanto....dopo qualche tempo lei si pentì, ma era troppo tardi. Poi mi ricordo del gioco coi cerchietti -tappi delle bibite- che si faceva sugli scalini che dividevano la parte alta da quella bassa della Piazza. Poi mi ricordo della candela accesa e del cestino di arance che si mettevano sulla finestra la sera di S.Lucia...e se non erro un adulto si vestiva per l'appunto da S.Lucia e veniva a suonare ai campanelli delle porte. Poi c'era i gioco della settimana disegnata col gesso sulla piazza ..si saltava da una casella all'altra con una gamba alzata tenendo un sassolino piatto sulla testa che non doveva assolutamente cadere a terra...Non erano male quei tempi, si viveva con più spontaneità senza orpelli ...caro Roberto se verrai da queste parti fammi un pronto ..Andremo insieme a fare un giro nella magica Piazza delle Erbe..! Ciao

Grazie Flavia per avermi aperto una finestra nel passato ormai quasi dimenticato. Nel leggerti mi è venuta la pelle d'oca perchè, improvvisamente, mi sono ricordato come in un film già visto, uno spezzone della mia giovinezza. Complimenti per la minuziosità delle tue descrizioni tanto da farmi apparire nei dettagli il passato che, improvvisamente, mi è sembrato ieri. Estenderò a mia sorella A.quanto da te scritto, certo che anche a lei farà molto piacere, essendo andata via da Riva all'età di 14 anni. Se tu avessi qualche altro ricordo di vita vissuta, mi farebbe molto piacere condividerlo. Un caro saluto, Roberto

Ho voluto riportare qui queste due lettere : la mia era di risposta a un certo Roberto, che mi aveva "individuato" su facebook : lui si ricordava di me perchè abitavamo sulla stessa piazza.Ora lui abita a Roma e mi chiedeva ricordi di quei tempi.Cosi ho fatto:sono andata ad aprire i cassetti della memoria e qualcosa ho trovato..Mi fa piacere pubblicarli perchè in fondo sono storielle del mio vissuto. Ho messo solo le iniziali delle persone nominate per il loro diritto alla privacy.Solo il suo nome è per intero.

giovedì 14 marzo 2013

Un lunedì


Un lunedì.

Ho parcheggiato  la macchina in un posto dove non c'era posto e cioè a cavallo di un aiuola e quasi dentro a un cespuglio ...ho preso la valigetta dei libri più borsa contenente i compiti che non ci stavano nella suddetta e sono entrata sparata, anzi sparatissima dalla porta della scuola. Ho saltato a piè pari i bidelli di vedetta in portineria, che quando beccano un pof è finita , per lui voglio dire,perchè hanno sempre da farti firmare le comunicazioni più furibonde, tipo che il giovedì successivo c'è l'incontro con il mediatore linguistico di lingua cinese.C'è qualcuno che vuole aderire ? naturalmente nessuno, ma bisogna firmare lo stesso per "presa visione".Oppure che lo scorso collegio docenti è stato riaggiornato per il pomeriggio.Cè qualcuno che vuole aderire ? Qui c'è poco da discutere : tutti devono aderire.e tutti ma proprio tuttissimi, devono firmare "per presa visione". Quindi quatta quatta ,dato che sono leggermente in ritardo,di due minuti ? di tre minuti ? maledetto quell'orologio che suona sempre in anticipo o forse è il mio che segna in ritardo ?,salgo le due rampe di scale mangiandomi i  gradini a due a due e meno male che non mi vede nessuno,perchè sono tutti già in classe ed io mi vergognerei farmi vedere o meglio farmi sentire' col fiatone. Supero il ceck point della Pia, miticasuperbidella  del primo piano scala A , che per l'ennesima volta ti dice:  la sua classe prof,  la sua classe prof,  ieri ha lasciato l'aula piena di cartine per terra e poi anche i libri sotto i banchi....e sono stata buona che non glieli ho ritirati,erchè altrimenti il Berti e l'Andreoli si beccavano la terza multa in questo mese...,Superata questa barriera- dicevo-mi affretto, anzi pattino su per il corridoio e finalmente riesco a fiondarmi in prima F.E cosa trovo ? la solita orda di fanciulli e fanciulle assiepati alla cattedra pronti con le giustificazioni del lunedì ..Sì, perchè quel giorno è lunedì e il lunedì è il giorno più difficile della settimana per gli studenti (ma anche per noi insegnanti se è per quello)....
-Prof io oggi dovevo essere interrogato in storia, ma mia mamma non ha sentito la sveglia e così non mi ha chiamato per ripassare e così non sono pronto.Mi sposta l'interrogazione prof ?
-Ah sì ?
-Prof io i compiti li ho fatti glielo giuro,ma sono rimasti a casa di mio papà, perchè domenica era il turno di mia mamma..e quando gli ho telefonato per dirglielo, lui mi ha detto che non me li portava perchè mi stava giusto bene che prendessi una nota per colpa di mia mamma- sua ex moglie che aveva voluto separarsi-
-Ah sì ?
-Prof io invece li  ho dimenticati nella macchina di mia mamma, perchè non mi sono ricordato che oggi era il turno di mio papà e mi ha portato a scuola lui.
-Ah sì ?
-Prof io il tema l'avevo fatto, eccome se l'avevo fatto,lo può chiedere a mio fratello che mi ha aiutato, ma adesso non lo trovo più.
E ti credo-dice una vocina angiolesca dal fondo della classe-l'hai fatto sul mio quaderno...ecco di chi era la scrittura...
-Prof io non l'ho proprio fatto, perchè non sapevo cosa scrivere perchè col titolo "Le cose che più spesso i genitori vi rimproverano",io di cose ne avevo da dire troppe e così ci ho rinunciato .

Ah sì ?
Bene ragazzi- parlo finalmente io-ed ora incominciamo la lezione.Tirate fuori il testo di grammatica. Facciamo per prima la materia che più vi pesa-si fa per dire perchè alle mie creature tutte le materie pesano più di un quintale e mezzo-.
E così ho aperto la mia valigetta e ho preso il testo.
toc toc
-Sì ? entri pure.Era l'intermediaria linguistica che veniva a portarsi via- nel senso che lei ha un'aula speciale- i due ragazzini che non conoscono la lingua italiana e cioè un tunisino  e un bielorusso...
toc toc
-Sì ? entri pure.Era 'insegnante di sostegno che era venuta a portarsi via- perchè pure lei ha un'aula speciale- i due ragazzini con difficoltà di apprendimento..
E ritoc
-Sì, ? si accomodi pure.Era l'insegnante di appoggio allo studente pakistano cieco che ha bisogno che le lezioni siano scritte tutte in braille..
E ritoc   Era la Piabidella che veniva a prendere le presenze alla mensa..
.......... così iniziava la prima ora di tutti i santi lunedì....

PS : questa è una storia assolutamente vera...